LSD and the Search for God- self titled (2007 Mind Explosions)

Per esperienza, esistono due categorie di persone che, prossimi  a dare finalmente un nome alla propria band, inseriscono in quest'ultimo parole del calibro di  ‘LSD' e, più in generale, termini che rimandano all'immaginario delle droghe e delle sostanze sintetiche: quelli che, dietro ad un nome tanto ganzo, devono nascondere materiale scadente e, dall'altro lato, quelli veramente consapevoli del loro talento, pronti a sfidare tutto e tutti e a dedicare la loro vita al perseguimento del controcorrente. Ecco che, in questo campo, la sanno lunga gli LSD and the Search for God, ovviamente pienamente lungimiranti nella scelta del proprio nome di battaglia.

‘Fairly unknown' direbbero gli anglosassoni ma, nel contempo, molti attivi sui palchi statunitensi, gli LSD and the Search of God si presentanto come una perfetta mistura, un flusso canalizzatore, un anello di congiunzione tra la ‘old skool' psichedelica della California e lo ‘stil novo' delle visioni a tratti deliranti, a tratti sognanti,  inaugurato una buona trentina di anni fa sull'altra sponda dell'Atlantico da band del calibro dei My Bloody Valentine, Slowdive, Spacemen 3 & co. Il settetto (5 uomini e 2 donne) di San Francisco ha all'attivo soltanto un ep di 5 tracce ‘self titled' prodotto da  Mind Explosion rcds annata 2007. A differenza di un buon vino, però, questo lavoro non ha bisogno né di ‘invecchiare' cronologicamente (si vocifera l'uscita imminente, programmata per questo autunno, di un nuovo lavoro da parte della band), né di ‘ammuffire' e ‘impolverarsi' su di uno scaffale tra ‘Never Mind the Bollocks' e White Light, White Heat'. E' roba fresca, che sin dal primo ascolto inebria e mantiene alto il ritmo nota dopo nota.

Indubbiamente, il buon giorno si vede dal mattino. ‘This time' si propone come una canzone dal piglio liberatorio e spensierato; per intenderci, la perfetta colonna sonora post maturità/esame universitario , quella che si mette in macchina a tutto volume (con finestrino rigorosamente abbassato) sulla quale si fa air guitar o drumming con i propri amici. Colpisce sicuramente il riff iniziale che, nonostante la sua semplicità, vuoi per quelle piccole dissonanze, vuoi per gli effetti, non fa altro che lasciare a bocca aperta.  In egual misura, il mastodontico wall of sound, ovvero le basi, l'ABC dello shoegaze stesso, padroneggiato a perfezione dalla band. E se c'è Il muro del suono, non possono, ovviamente, mancare i vocalizzi sognanti che, però, vengono assorbiti per intero da questo blob di fuzz, delay ed riverberi vari, risultando all'udito pressoché impercettibili. Imponenti e compatti come una corazzata, gli LSD si aprono così una breccia nei timpani dell'ascoltatore. Si passa alla traccia successiva, ovvero ‘Backwards', dove il mood non cambia affatto e l'influenza degli irlandesi My Bloody Valentine si fa constitente.  I  4.19" di durata scivolano via come sapone tra le mani, tra la solita pasta sonora con l'aggiunta di qualche chitarra drone, le voci languide e l'inossidabile sezione ritmica basso-batteria che non perde un colpo. La successiva I don't care è forse il pezzo più sottotono. Esce troppo dal seminato, suona molto come la cugina minore e ‘sfigatella' di ‘Rock ‘n' Roll Starr'  dei fratelli Gallagher, inoltre, una pallida fotocopia delle prime due. Ma é proprio qui che la band si riscatta, inanellando due gioiellini di inestimata bellezza.' Starting over' è sicuramente la punta di diamante dell'ep. S'invade il territorio degli Slowdive, con un riff di chitarra che sì ricorda ‘Alison', ma, senza ombra di dubbio, una miriade di volte più strappalacrime e sognante. Il resto è storia. Dopo poco più di un quarto d'ora di ascolto, si capitola sulle note di ‘Starshine', probabilmente il ‘limone' (o quello che si addice meglio come tale) che si aggrappa con una mano alla meglio tradizione psichedelica (ormai cinquantenne) della West Coast attraverso quella batteria marcatamente swingata ma, nel contempo, con l'altra, indica la strada da seguire nel futuro, il tutto amplificato dai soliti giochi di chitarra a noi ben noti e alla atmosfere che si compattano e si dismembrano in una franzione di secondo.

Due considerazioni, dunque, devono essere fatte: in primis, nonostante l'esito positivo,  bisogna aspettare ancora un po', prima di reputare questo disco una pietra miliare del genere. D'altro canto, rimanere in attività (e che signor attività)  per 7 anni con soltanto un ep all'attivo, è molto più che ammirevole e semplicemente degno di lode. 4 su 5 ben meritato, sperando, con la nuova uscita, di raggiungere il tanto agognato 5.

Carico i commenti... con calma