Pillole della NOSTRA storia (12). Al bando ogni tipo di vittimismo, anche per questa volta niente goliardia: per ricordare questo giorno in cui Carlo Giuliani è stato ammazzato non si deve dimenticare che la dicitura "ragazzo", è stata ed è una clamorosa mistificazione. Non so che pensava Carlo di preciso e poco mi interessa, ma SO che non era solo un ragazzo. So che con la sua morte, i soprusi e le torture, al G8 di Genova sono state tarpate, come al solito, le ali a un movimento che, pur con tutte le sue contraddizioni, stava crescendo e stava davvero facendo paura a qualcuno. Su come si sono poi riciclati molti protagonisti di quegli anni non voglio nemmeno parlare. Carlo ha lottato ed è stato ammazzato: questo è ciò che (ci) deve interessare. C'è poco da gridare agli infiltrati, ai black bloc, ai violenti in contrapposizione al corteo dei pacifici, di cui Carlo faceva parte, come dicono sempre tutti quelli che vogliono giustificare il suo gesto di rivolta (addirittura attraverso documentari, come se ci fosse bisogno di giustificarlo). Da quel giorno non c'è più stato limite al peggio della vigliaccheria, dell'infamia e del pompieraggio spinto nella lotta. Oggi, invece di raccogliere il suo estintore, si piange solamente la sua morte, la morte di "un ragazzo": una parola che non rappresenta niente di ciò che col suo gesto ha rappresentato in quei giorni. Non ero lui e non so cosa penserebbe ora rispetto ai fatti accaduti se fosse vivo, ma, pur sapendo che la rivoluzione non si fa con un estintore, credo che gli dobbiamo riconoscere qualcosa di più. Carlo era un nostro compagno perché da tale ha vissuto i suoi ultimi istanti. Non tutti i ragazzi hanno portato avanti una lotta come lui fino alle sue estreme conseguenze e in questi giorni di fallace, relativa, pace sociale in cui siamo invischiati ciò appare più che mai evidente.
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