Beata gioventù (sonica, ma manco tanto)

Errore comune di molti ascoltatori fra la metà dei trenta e i primi quaranta, come il sottoscritto, è quello di bacchettare chiunque abbia formato la propria cultura musicale nei bulimici anni '00 (e quindi Napster, download selvaggio, blog-che-conosco-solo-io, etc..), come dei poveri sfigati. Certo, fa tuttora strano sentire gente di neanche 25 anni sproloquiare con cipiglio esegetico della discografia di Zappa, di Wave oltranzista, folk apocalittico, John Fahey e qualunque classico minore o maggiore vi venga in mente. Continuo a pensare che ogni orecchio musicale vada allenato, e che, come ogni allenamento che si rispetti, necessiti di tempo e sacrificio per ottenere una ottima forma, altrimenti saremmo tutti Abebe Bikila con un click.
Ma attenzione, perchè i frutti di questo flusso di informazioni non stop che caratterizza il nuovo millennio è solo all'inizio, e gli effetti (negativi o positivi che siano) a lungo termine nessuno può ancora prevederli. Se tutta la nuova generazione di ascoltatori fosse composta solo da bulimici collezionisti di mp3, allora non esisterebbe uno come Mikal Cronin. E sarebbe un vero peccato, credetemi.
Mikal fa parte di quel giro tutto californiano di garage “famolo strano” di cui fanno parte Thee Oh Sees, Ty Segall (solo per citare i più reperibili). Ma qui dentro a questo splendido esordio il garage c'entra fino a un certo punto. Da buon vorace ascoltatore/musicista, Cronin non cade nella trappola dei clichè della non-scena in cui vive, mescolando le carte non solo fra un pezzo e l'altro, ma all'interno anche di uno stesso brano.

Non sarebbe altrimenti bellissimo il delirio di flauto impazzito (suonato da quello scoppiato di Dwyer dei sopracitati Oh Sees) che chiude l'iniziale “Is It Alright”, non prima che la stessa canzone spazi fra coretti Wilsoniani, melodia maccartiste e accellerate folk garage punk da Violent Femmes anfetaminizzati. Stessa complessa semplicità che contraddistingue il singolo “Apathy”, stop and go semi acustici, su melodia incalzante e finale spruzzata di sax squonkeggiante.
Incredibile che il ragazzo non si fermi qui e continui a inanellare brani killer uno dietro l'altro, tanto urgenti nell'esecuzione quanto elaborati nelle loro semplici architetture melodiche (esemplari in tal senso la gioia tutta californiana di “Get Along”, la sferragliante “Gone”, il tributo ai Byrds di “Situation”, o i Velvet allegri di “Again And Again”).

Non pago Mikal si permette anche una ballad da spiaggia fra 50's e 60's strappamutande, che pare di vederlo su una Cadillac d'epoca a farsi di colla.
Mai come ora mi sento di dire “largo ai giovani”.

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