Il 1975 vede il tastierista Dave Stewart, il chitarrista Phil Miller ed il batterista Phillip "Pip" Pyle, impegnati, con il resto degli Hatfield and the North, nella realizzazione di "The Rotter's Club", al quale partecipano, tra gli altri, anche la cantante Amanda Parsons (con le Northettes) ed il fiatista Jimmy Hastings. Nello stesso anno il bassista Neil Murray entra a far parte dei neonati Colosseum II e suona nell'album d'esordio "Strange New Flesh", mentre il percussionista John Mitchell fa la sua apparizione in "Citadel/Room 315" della Mike Westbrook Orchestra; il tutto nel medesimo periodo in cui il tastierista Alan Gowen, con i suoi Gilgamesh, pubblica il loro primo disco omonimo.

Dopo questi avvenimenti, si formano i National Health e, nonostante i musicisti sopra elencati siano coloro che due anni più tardi registreranno il primo lavoro della band, la formazione sarà inizialmente molto diversa da quella che successivamente entrerà in studio con quel proposito. L'idea iniziale dei due tastieristi e fondatori Dave e Alan è infatti quella di creare un corpo strumentale piuttosto imponente, che prevede due tastiere, due chitarre, un basso, una batteria e un coro femminile di tre elementi. Phil Miller si vede così affiancato, agli inizi, da un altro chitarrista (un altro Phil, più precisamente Phil Lee, dei Gilgamesh), da Bill Bruford (fresco dell'esperienza nei King Crimson) alla batteria e dall'ex bassista degli Egg, Mont Campbell, autore tra l'altro di diversi pezzi (tra cui "Paracelsus", "Agrippa", "Zabaglione", "Starlight on Seaweed" e la prima composizione registrata dal gruppo "Croquette for Electronic Beating Group") che troveranno spazio nell'album "The Missing Pieces" del 1996. Il ruolo di vocalist viene ricoperto dalla sola Amanda Parsons (con i Gilgamesh oltre che con i già citati Hatfield), a dispetto dei piani iniziali, ed il gruppo così strutturato sopravvive fino all'anno successivo, quando, dopo un tour (orfano per altro della cantante, costretta a letto dall'influenza) Phil Lee se ne va, prontamente sostituito, anche se per pochissimo tempo, da Steve Hillage, e lo stesso fa Bill Bruford, impegnato a supportare i Genesis nel loro tour mondiale di promozione per "A Trick of  the Tail". Per qualche mese John Mitchell prende posto alla batteria, fin quando Bill non si ripresenta, giusto il tempo necessario per andarsene di nuovo, questa volta per provare a formare un gruppo con il vecchio amico, insieme a lui alla corte del Re cremisi, John Wetton (da quest'idea nasceranno poi gli UK). Ma non è l'unico ad abbandonare il progetto poiché anche Mont Campbell segue il suo esempio insieme al secondo chitarrista Steve Hillage. Entrano così nel gruppo l'ex Hatfield Pip Pyle e Neil Murray, seguiti da Jimmy Hastings e dal ritrovato John Mitchell questa volta alle percussioni, ed è con tale formazione che, nel Marzo del 1977, iniziano finalmente le registrazioni del disco in esame, che, con non comune fantasia, verrà chiamato "National Health".

L'album è completamente pervaso da sonorità calde e morbide, grazie soprattutto alle tastiere di Alan e Dave, al flauto di Jimmy e alla voce angelica di Amanda, che donano a tutti i pezzi un'atmosfera sognante, ricca di venature fantasy, la quale riesce a trasportare l'ascoltatore in un mondo affascinante ed incantato. L'apertura, affidata a "Tenemos Roads", si presenta appunto con il sintetizzatore e le tastiere intente a dipingere musicalmente un luogo lontano, magico e tranquillo, che farà da sfondo ad ogni composizione dell'opera. Sullo spegnersi di queste prime note, tutti i musicisti entrano repentinamente in scena, eseguendo il maestoso tema principale del pezzo, finito il quale, le tastiere tentano di mettersi di nuovo in bella mostra, ma vengono questa volta ostacolate dalla chitarra di Phil, che sembra non voler abbassare la testa davanti all'egemonia tastieristica del brano... perlomeno non senza combattere a suon di note. Le fughe strumentali, intrecciate fra loro, derivate da questo continuo rincorrersi, conducono fino al cuore della composizione, dove la voce di Amanda, con il suo cantato soffice ed etereo, sposta l'attenzione dell'ascoltatore verso lidi più calmi e riflessivi, dominati dal suono pacato e struggente del flauto di Jimmy. Il pezzo (piuttosto lungo, sfiora infatti i 15 minuti di durata), si riaccende poi con le tastiere che, accompagnando i vocalizzi della cantante, riconducono al tema principale, fino a raggiungere in seguito la solenne conclusione.

L'introduzione della seconda traccia, intitolata "Brujo" (stregone in spagnolo), è ancora una volta affidata alle tastiere e al sintetizzatore, subito raggiunte però dal basso di Neil e dalla voce vellutata di Amanda, che sembrano accompagnarci dentro la stravagante abitazione (magari nel cuore di una foresta) di un vecchio mago in vena di profonde meditazioni. Jimmy armato di flauto e John con le sue percussioni, suonate molto lievemente,  s'impossessano della scena ed aprono la strada agli altri musicisti che, dopo un primo momento piuttosto disteso, si lanciano in un'intricata serie di passaggi, risolta infine da Amanda, la quale, con i suoi acuti decisi, sottolineati dal ritmo trascinante della batteria di Pip, pare avvertirci che la visita all'isolata casetta nel bosco sta per terminare.

Giriamo il disco e ritroviamo i soliti Alan e Dave intenti ad introdurre "Borogoves (Excerpt From Part 2)", tessendo, tramite le tastiere, un magnifico tappeto di note dal gusto medievaleggiante, presto affiancate da quelle del basso di Neil, qui assolutamente in primo piano, e dai tenui tocchi di Pip alla batteria. I fiati di Jimmy rimangono in sottofondo, ma lo stesso non si può dire della chitarra di Phil che, dopo una dirompente entrata in scena, si lancia in un lungo assolo atto a legare questo brano al successivo "Borogoves (Part 1)" (sì, la prima parte segue la seconda). Questo pezzo è caratterizzato dall'uso massiccio delle tastiere di Dave, che guidano la composizione in tutto il suo svolgimento, e da numerosissimi cambi di tempo, i quali contribuscono a rendere l'ascolto, perlomeno inizialmente, piuttosto ostico; la canzone sembra infatti trasformarsi e reinventarsi in continuazione ed il tiratissimo nonché splendido passaggio che precede il finale ne è l'ennesima riprova.

"Elephants", l'ultimo episodio dell'album, si presenta in modo inaspettato, mostrandoci dei tentativi di ricreare i barriti di un elefante tramite un sintetizzatore (discorso che verrà ripreso molto tempo dopo, in ambito chitarristico, da Adrian Belew e Robert Fripp con "Elephant Talk"), registrati precedentemente durante un concerto in Olanda. Il brano è letteralmente tempestato di assoli e cambi di ritmo, infatti, nel suo incedere imprevedibile, non fa minimamente pesare i suoi 14 minuti circa di durata. Verso metà traccia Amanda riappare dal nulla e ripropone a sorpresa il tema principale di "Tenemos Roads", estendendolo ed incastonandolo nel cuore della composizione. I delicati vocalizzi della cantante, accompagnati dal flauto di Jimmy e dalle onnipresenti tastiere di Alan e Dave chiudono infine in modo estremamente dolce, oltre che il brano stesso, questo primo capolavoro musicale targato National Health.

Nonostante il sopra descritto sia un disco straordinario, non è comunque di certo indispensabile alla sopravvivenza; chiunque potrebbe vivere benissimo facendo a meno di perdersi nelle arie fantastiche e nell'incanto fiabesco da esso prodotti... ma sarebbe un vero peccato.

Carico i commenti... con calma