Strano accostamento, il nome di questo gruppo, Wuthering Heighs dal romanzo di Emily Bronte, e il nome del disco, “Far From The Madding Crowd” dal romanzo di Thomas Hardy.

Nel 2004 vede la luce il terzo lavoro di questa band danese, “Far From The Madding Crowd” che è anche il terzo e ultimo capitolo di una trilogia iniziata nel 1999 con “Within” e proseguita con “To Travel For Evermore” del 2002.

Il tema trattato nell’intero concept è il viaggio, inteso come viaggio di formazione del protagonista che risponde al nome di Eric Ravn, chitarrista e leader di questa band, che ha inserito nella storia molte sue esperienze personali. Tuttavia non si può parlare propriamente di lavoro autobiografico in quanto in esso troviamo anche composizioni che nulla hanno a che vedere con il vissuto di Ravn.
Minimo comune multiplo di questi tre capitoli è l’estro compositivo dei Wuthering Heights, che uniscono e accostano generi e stili musicali diversi: dal folk (componente costante in tutto il disco) al metal progressive, dal power a sfumature neoclassiche fino a sfociare in atmosfere celtiche sottolineate dall’uso di cornamuse, fiati e archi.

Alla voce troviamo una bella novità: Nils Johansson, a mio avviso più versatile del precedente vocalist, caratterizzato da un timbro più profondo e dalla capacità di alternare momenti aggressivi a momenti più dolci. Il pezzo più rappresentativo di questo disco è senza dubbio “Longing For The Woods”, una suite composta di tre parti non consecutive, che tracciano così il filo conduttore dell’intera storia con melodie che si rincorrono e si riprendono in più momenti. Nella prima parte troviamo atmosfere folk più melodiche e orecchiabili, la seconda è prevalentemente power, con riff e assoli veloci e potenti, mentre l’ultima parte è decisamente progressive, più tecnica, e caratterizzata da tempi dispari. A sottolineare i differenti momenti di questa suite sono anche le variazioni stilistiche del vocalist, che si adattano in modo magistrale alle varie atmosfere proposte.
I testi e i titoli di alcune tracce richiamano al capolavoro di Tolkien “Il Signore Degli Anelli” come “Bad Hobbits Die Hard” pezzo strumentale ricco di spunti neoclassici, o “Lament For Lorien”, una ballata triste e malinconica.

A mio parere questo disco è, seppur di pochissimo, inferiore al precedente “To Travel For Evermore”: manca infatti quella verve compositiva e quella voglia di sperimentazione che si respirava in tutto il precedente lavoro; resta comunque un ottimo album che consiglio caldamente a chi ama la tecnica accostata al sentimento.

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