Questa volta si ha proprio l’impressione di non essere di fronte alla
solita messa in scena del rock.
Ceri, Tomas e Alex vengono da una piccola cittadina sperduta nel North
Galles e guardandone i volti in fotografia, la loro immagine è
cosi anni luce lontana da quella artefatta delle giovani rock star del
momento che non troveremmo poi così strano che i tre abbiano
semplici provenienze, e che fino a poco tempo fa, perché no,
erano proprio “montanari”.
Eccomi allora a recensire il loro debut album, nella speranza che
questo lavoro non passi inosservato e che i nostri, come emeriti
incompresi, non siano costretti a tornare sulle gallesi montagne,
privandoci del gusto di successive produzioni artistiche. Lasciar
cadere nell’anonimato i Mountaineers sarebbe un errore imperdonabile.
“Messy Century” è l’ennesima, felice conferma di come le
giovani band britanniche di inizio millennio, scrollatosi
definitivamente di dosso il pesante fardello delle stucchevoli
influenze brit-pop, trovano personalissime strade artistiche senza
tradire l’amore squisitamente british per la melodia. In questo caso
farsi trasportare dalle note dei Mountaineers significa percorrere una lunga autostrada sonora che parte dalle
profonde e nobili radici della musica inglese e termina la sua corsa
nelle più felici contaminazioni tra elettronica e pop-rock
messe in atto da band del calibro di Super Furry Animals e Beta Band.
Ritmi melodici di immancabile scuola beatlesiana, testi mai scontati,
arrangiamenti che pur senza avvalersi di mega-produzioni sono ben
lontani dal svolgere il ruolo di semplici riempitivi sonori,
tutti elementi che confezionano un ottimo debutto. Scorrendo le 13
tracce si ha forte l’impressione che attitudine folk-acustica e
passione per strumentazioni elettroniche, rigorosamente low-budget, si
dividono armoniosamente la scena, per poi rubarsela come nelle
emozionanti “Silent Dues”, “It’s Solid” e “All My Life”, oppure come
accade in “Apart From This” e “Bom Bom” gioiellini che sfiorano
l’elettro-pop d’autore.
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