Ultimo album ufficiale del gruppo prima di perdersi tra i problemi di droga di Layne Staley e i vari live/raccolte. Al primo approccio sembrerà strano che l'ultimo album sia intitolato col nome del gruppo (di solito è il primo) ma a detta di Jerry Cantrell è una sorta di provocazione per tutti quelli che hanno considerato Dirt come la punta di diamante del gruppo, affermando che questo è l'album in cui sono rappresentati in tutto e per tutto gli Alice In Chains.

Sicuramente è l'album più maturo ma anche più malato del gruppo, con un sound meno curato del precedente ma molto diretto e sicuramente molto più oscuro.
La voce di Staley è ipnotica in quasi tutti i brani grazie anche a una serie innumerevoli di cori che lo accompagnano, il suono della chitarra molto sporco e la batteria volutamente scarna di effetti per rendere il tutto più diretto.

Tutto l'album è accompagnato da una grande  sensazione di malessere e sembra di trovarsi in un vortice oscuro consegnati ad un triste destino dove solo in brani come Heaven Beside You e Over Now sembra di poter risalire e vedere per un attimo la salvezza.
La lentezza di Sludge Factory, che diventa agonia in Frogs  così come la bellissima God Am dai tempi sincopati e ritornello a dir poco malato, conditi con l'esplosiva Again fanno di questo album la massima evoluzione raggiunta dal gruppo, in certi momenti veramente al di sopra delle righe dimostrando con questo lavoro molto impegnato che il gruppo non si è voluto adagiare sugli allori conquistati con Dirt ma ha voluto discostarsi da quelli che erano diventati gli standard del grunge.

Il risultato è un ottimo lavoro, imperdibile per gli amanti degli Alice In Chains e sicuramente l'album più oscuro uscito dalla scena di Seattle.

Carico i commenti... con calma