"Er mondo è de chi c'ha li denti.

Vittorio chiude gli occhi sommesso e liberato dal suo tragico destino, in fuga da miserie e demoni quotidiani. In fuga dalla cupa realtà degli 'esclusi', feriti e ignorati dalla società ed etica borghese. In fuga un'ultima volta, Vittorio Cataldi. E quella corsa disperata in motocicletta, l'ennesimo tentativo di sentirsi finalmente 'libero' dalle catene d'una rabbia disumana; da quella sprezzante etichetta d'Accattone che definisce un reietto, una carogna vitale e senza scampo come te. O più semplicemente uno 'scarto', un numero 0 di un'umanità repressa e abbandonata a sé: un miserevole 'pappone' che non merita sguardi compassionevoli, che non s'aspetta carezze e pietà dagli altri che giudicano in base al proprio codice 'morale'. Gli 'altri', la pseudo-borghesia cieca e sterilizzata da un benessere sociale ipocrita, per cui tu rimani una scomoda anomalia. L'Italia 'ufficiale' lava i panni sporchi in casa. Anzi, preferibilmente li lascia così: maleodoranti, sudici sul pavimento sporco d'una baracca al di là del tempo, ai margini di periferia pre-industriale. La medesima periferia romana sfondo e paesaggio diroccato, in un b\n 'impressionista', alle storie incrociate degli 'emarginati' protagonisti della pellicola: quasi tutti attori non-professionisti, scelti da Pasolini negli stessi luoghi in cui la vicenda di Accattone è ambientata. Trasfigurazione poetica di un neo-realismo angosciante perché tanto vicino a noi? Aspra e disturbante inchiesta sociologica? Lo stesso scrittore e regista nato a Bologna, in un celebre corsivo sul Corsera, ebbe a considerarlo nulla più di 'un prelievo da laboratorio'; realizzato sulla società italiana all'alba dei Sessanta, del Grande Boom economico..Ma una società che stava ormai scomparendo, auto-fagocitante, nella classe dominante e nel "suo" sottoproletariato. Il piccolo-borghese che si sostituisce alla spinta propulsiva, agli ideali del mondo giovanile. Cambia il modo di parlare e di relazionarsi. Cambiano le abitudini, il modello di vita.

"Quando me metto 'n testa 'na cosa io, deve da esse quella! O il mondo ammazza a me, o io ammazzo a lui."

Pier Paolo Pasolini riuscì caparbiamente, con un giovane Bertolucci aiuto-regista, a terminare la lavorazione del suo esordio cinematografico nel luglio 1961. Il poeta\sceneggiatore, all'epoca già 39enne, subì enormi pressioni e un vile ostracismo da parte dell'opinione pubblica e dell'allora ministro del turismo e spettacolo; per i temi trattati in 'Accattone', circa il degrado delle borgate e sfruttamento della prostituzione, si rasentò il linciaggio dell'opera e il risultato fu il divieto ai minori di diciotto anni. Il primo nella storia del cinema italiano, addirittura con apposito decreto. Questa era l'Italietta di quei giorni, una matrona un po' puttana che sovente preferiva nascondere la sporcizia sotto il tappeto. Nelle aule parlamentari blateravano indignati e s'infervoravano i cosiddetti 'rappresentanti del popolo'. Sui giornali e quotidiani pennivendoli malcelavano un disgusto ipocrita, con articoli che invitavano al boicottaggio con straordinario livore: e ambedue queste 'categorie' allenavano la massa compiaciuta e 'ignorante' nel rifiuto della diversità. Di una rappresentazione quasi 'pornografica' di prostitute, papponi, ladri e piccoli delinquenti insostenibile per il mediocre 'perbenismo' italiota dei primi '60. Era inaccettabile l'umana solidarietà che Pasolini sembrava voler manifestare nel film, verso quell'universo di disperazione 'invisibile' agli occhi spenti d'una borghesia doppiamente carnefice. La stessa società che aveva permesso allo scrittore Pasolini d'esordire come regista non poteva tollerare, in quella posizione privilegiata, un intellettuale "borghese" affrancato da qualsivoglia remora moralistica: Pier Paolo mostrava ciò che la 'brava gente' tendeva a escludere. La vita degli ultimi. La passione dell'emarginato, indegno della pubblica assoluzione. Figli e schiavi di una miseria pre-borghese, derelitti rimossi dalla coscienza sociale da secoli e condannati al purgatorio eterno. Una Sodoma e Gomorra teatro ideale e confortevole paravento degli abili fustigatori domenicali. Gli 'altri', quelli del codice morale di "sani valori"; dove le istituzioni vigenti hanno a disposizione strumenti persuasivi, ricattatori come l'emarginazione sociale, lo 'scandalo' perpetrato, il carcere..La necessità rituale di giudicare un mondo al di fuori di tali codici, al fine di preservare l'etica del potere. Facile comprendere la portata della provocazione di Pasolini operata in 'Accattone', e rivolta al mondo della borghesia italica -che lui stesso amava definire "la più ignorante d'Europa". La pellicola venne presentata a Venezia, appena finita al montaggio, e pur priva del visto per le sale fu proiettata fuori concorso al Festival il 31 agosto del '61 suscitando enormi e risibili polemiche. A Parigi, durante la prima proiezione, la critica fu entusiasta e unanime. PPP era finalmente riuscito nell'intento di riformare il proprio ruolo d'intellettuale moderno, a confrontarsi con la cinepresa: ovvero, quello che in quegli anni era 'il' mezzo di comunicazione di massa. E sfidare l'etica borghese sul suo terreno, per mostrarne crepe e contraddizioni. Erano passati dieci anni dall'arrivo di Pasolini a Roma con la madre Susanna Colussi, e quasi un decennio lo separava dai primi incontri con l'ambiente cinematografico romano.

"Ancora nun sei morto? Eppure m'hanno detto che il lavoro ammazza la gente!"

Vittorio Cataldi (un grande, intenso Franco Citti), detto Accattone, ha una rabbia dentro che lo divora. E' un'anima in pena tra le macerie di una periferia decomposta e abbandonata. Un paesaggio che non ha un nome, non ha un luogo preciso, non ha tempi conosciuti: sguardo fisico e psicologico che indaga sui poveri cristi come Accattone. Uno sfruttatore, un miserabile 'pappa' mantenuto da Maddalena; la donna che batte la strada e finirà in galera per falsa testimonianza, la donna disposta a tutto per 'salvare' l'uomo che ama. Accattone che vive in una baracca fatiscente insieme a Nannina e prole, moglie di quel Ciccio denunciato e mandato alle sbarre allo scopo di prenderne il posto e 'mestiere'. Ma la spedizione punitiva dei compari del delinquente napoletano non si farà attendere, e Maddalena ne subirà le conseguenze..Accattone e gli amici del bar, fieri del non-lavorare. Orgogliosi del tirare a campare, tra furberie e smargiassate. Accattone che aveva 'na moglie e un figlio. Ascenza, con un salario da fame, non vuole vederti. A ragione. E tu che fai? T'innamori di Stella, una povera e ingenua ragazza che lavora con Ascenza in un'officina di riciclaggio. Ma i tuoi deboli propositi di cambiamento si scontrano con il tuo istinto da 'furbo', meschino. La catenina d'oro rubata al figlioletto per comprare scarpe e vestito a Stella, ignara che vuoi mandarla a prostituirsi come Maddalena. Il lavoro da un fabbro, chiesto a tuo fratello Sabino, e poi subito rinnegato. L'amaro sapore del lavoro materiale, il feroce giudizio dei vecchi amici fannulloni e tutto finisce come se l'idea di una vita 'normale' avesse soltanto il gusto del sogno. Il presagio d'un destino scritto, una depressione abissale che ha i confini onirici del proprio funerale. Relegato come un'ombra all'angolo, una figura passiva e triste incapace di poter scegliere anche la propria tomba. Rassegnato e lacerato, non resta che accettare l'offerta del Balilla e tornare nel giro dei piccoli furti. Il camioncino dei salumi, e le sirene della polizia che arriva. La fuga in moto, ma è una breve illusione. Come altre, Vittorio. L'incidente mortale, il sangue ti solca il viso sul selciato scuro. Le note della 'Passione di San Matteo' di Bach accompagnano il tuo dramma. Ora puoi chiudere gli occhi, caro Vittorio. E lasciare 'Accattone' all'incrocio di quella strada, nel corpo esanime di fronte ai soccorsi. La pace ti porta lontano, Vittorio. Lontano dai tormenti, libero da questo mondo squallido e malato: "Ah, mò sto bbene."

 "Eppure che è la fame? Un vizio! E' tutta un'impressione! Ah, se nun c'avessero abituati a magnà da ragazzini.."

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