Il 1984 è l'anno di Bruce Springsteen. Il rocker di Long Branch dopo il capolavoro "Nebraska" ci riprova, e consegna al mondo della musica la sua bandiera, la sua summa musicale: "Born In The Usa".

"Born In The Usa" è un viaggio a cento all'ora negli Stati Uniti del Sud. E' un album da Road 66 e da calura estiva. Un rock graffiante, ruvido e rauco, ma allo stesso tempo pieno di energia in pieno stile Springsteen, che alterna ai suoni country del Sud di "Cover Me", momenti di intimità musicale come "I'm On Fire" e "Dancing In The Dark". Quando Jack Kerouac percorse le strade del nuovo mondo trovò nel bebop di Gillespie la sua colonna sonora, se il grande scrittore avesse dovuto ripercorrere nei 70 gli Usa avrebbe sicuramente trovato in quest'album un ottimo compagno di viaggio.

 

Chi andrà ad ascoltare "Born In The Usa" si troverà di fronte a un capolavoro a 360° mai ripetitivo e che si lascia ascoltare facilmente. Il disco non ha la pretesa introspettività e amarezza di "Nebraska", è un disco da Easy Rider, dove le chitarre e le batterie vengono tirate quel che basta per rendere l'album una fusione di rock e folk, con un neologismo lo si potrebbe definire "Hard Country", che combacia perfettamente con il rombo del motore di una moto.

L'apertura di "Born In The Usa" è affidata all'omonima traccia, il successo massimo del Boss che gli consegnerà nella seconda metà degli anni 80 la prima fila sul palco del rock mondiale. "Born In The Usa" è una storia americana qualsiasi, è la storia di un ragazzo, delle sue difficoltà, del suo mangiare la polvere, è una storia fatta di amore e Vietnam. Una storia fatta di un rock incalzante e ruvido che si intrinseca alla perfezione con la voce rauca di Springsteen. Lo stesso dicasi per "Cover Me", "Darlington Country" e "Working On An Highway". Pezzi da saloon del vecchio west suonati con la Fender Telecaster.

Ogni cowboy che si rispetti dopo il suo mezzogiorno di fuoco ha la notte alla luce di un falò, e quel momento soft viene con "I'm On Fire". Pezzo che nell'album ha una storia a se, non è una cavalcata nelle praterie, non è un operaio con un martello pneumatico. "I'm On Fire" è un bicchiere di whiskey da soli, un brano da relax e riflessione che spezza anche all'interno della tracklist tra una riff di chitarra e l'altro.

Il lavoro di Springsteen trova la sua completezza dentro "Downbound Train", "No Surrender" e "My Hometown" che chiudono il viaggio iniziato 46 minuti prima con la title track.

Nel parlare di questo album ho usato una terminologia "Yankee", una terminologia da film di Clint Eastwood, ma "Born In The Usa" è sopratutto questo, un quadro, una cornice, uno spaccato sull'America degli anni '80, un America sempre in corsa, sempre alla ricerca di risposte, che oltre ai grattacieli di New York e ai dispacci di Washington era anche l'America di provincia, l'America della gioventù cresciuta sulle "roads", l'America di Bruce Springsteen, un America che è perfettamente riassunta in uno dei massimi capolavori della musica rock, perfettamente riassunta in "Born In The Usa".

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