Mi aggiro qualche anno fa in una fiera del disco usato, pensando di avere tutto.
Mi spiego meglio: avete presente quella presunzione ottusa che talvolta prende i collezionisti? Beh, vivevo in questa dimensione passeggiando tra i banchetti, sorridevo dentro me e vedevo le facce degli altri che trasalivano nel vedere il presunto introvabile cd di quello o il vinile di quell'altro..."ce l'ho già da due anni", sentenziavo.
Mi avvicino poi ad un banco e vedo "Answering Machine Music" dei Casiotone For The Painfully Alone nella versione CD della TomLab che sul loro sito compare sotto la dicitura LP only!! Per intenderci non quella arricchita di bonus del 2001, ma l'originale datata 1999. Sudorazione, esclamazione di gioia e acquisto. Sospiro di sollievo: mi so ancora emozionare.

Ecco come venni in possesso di questa piccola gemma del mondo indie, questo disco che ha aperto la strada ad un minimalismo con il sorriso, un disco considerato monotono a causa dell'utilizzo della sola tastiera Casio per la realizzazione di ogni traccia, ma che è un inno alla creatività.

Neanche una mezz'ora di assoluto lo-fi confezionato da Owen Ashworth - ragazzo del 1977 di San Francisco che cura da solista questo progetto - con uno spirito pop personale, fatto in casa (nel vero senso della parola) dove affianca la sua voce a screzi e rumori da festa di prima media con le tastierine di una volta o le drum machines mescolate ai più strani suoni elettronici.

Tutto quello che molti hanno apprezzato nelle CocoRosie o in un certo spirito dei primi album di Smog e Bright eyes, è ripercorribile in questo disco. La musica dei Casiotone for the Painfully Alone mantiene in questo album una dimensione brillante, ispirata e al contempo infastidita. Disturbata da intrusioni esterne, dai colori del mondo fuori, perché il nostro Ashworth è chiuso nella sua camera, ma al contrario di altri artisti che creano all'interno delle loro quattro mura, è sereno e non cela disagio (vedi Daniel Johnston ad esempio) ma un colto spirito dell'underground pop. Una margherita fatta con i ritagli di giornale.

Questo disco è il manifesto di questo spirito e in dodici tracce si trovano tante idee, melodie elettroniche sperimentali, pur lasciando un leggero retro gusto agrodolce in molte canzoni. Brevi, piccoli affreschi indie di una bellezza fragile e fiera, come "Baby It's you" sospesa in una leggera distorsione commovente, oppure "Rice dream girl" che sembra la colonna sonora della festa per uno sfigatissimo tredicesimo compleanno, dove tra tutti gli invitati, vengono solo i secchioni e le più brutte della classe. Impossibile non citare "Cold shoulder" dove l'incedere incerto della canzone, mostra una trovata finale degna dei videogiochi di un tempo.. Ogni secondo è sospeso tra minimalismo, pop e solitudine colorata.

Così ritornando a casa da quella fiera del disco, metto nel lettore della macchina queste canzoni e mi rivedo bambino, spettinato e brufoloso, ma al contempo adulto ambizioso e disancatato, forse Owen Ashworth sarebbe stato il mio migliore amico, se solo fossi nato anche io a san Francisco, se solo la più bella della classe non mi avesse dato quel bacio...

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