Fu la notte fra il 31 dicembre del '52 e il primo gennaio del '53, quella in cui la Musica si fermò. C'era freddo, quella notte; neve e sferzate di vento gelido. Hank Williams doveva suonare all'auditorium di Charleston, West Virginia, ma da Knoxville non avrebbe mai fatto in tempo ad arrivare, con quel tempaccio. E pazienza - si decise di ripiegare su Canton, Ohio: là Charles, lo studente che gli faceva da autista, avrebbe potuto accompagnarlo sulla sua Cadillac, in tempo per accendere danze e bagordi da primo dell'anno. Ma a Canton, quella notte, Hank non sarebbe mai arrivato. Troppo veloce il ritmo di quella vita, per quel cuore di ventinove anni. 

O forse, come invece io ho sempre pensato, troppo veloce e vibrante, quel cuore pazzo tutto-birra, canzoni e rodei, per il ritmo della vita stessa. Persino più veloce della Cadillac che in quella notte gelata sfrecciava superando i confini del Tennessee, prima di fermarsi. E assieme al rombo di quel motore, anche la chitarra tacque, quella notte.

VENTINOVE anni dopo - che sono in fin dei conti, ventinove anni...? troppo pochi per una vita, ma un'eternità per la musica... - quattro svalvolati giovanotti, cani senza guinzaglio né museruola, entrano in studio per registrare il loro EP d'esordio, e tra i solchi di quell'EP compare (non certo pura casualità) "I'm So Lonesome I Could Cry", il celebre pianto del vecchio Hank. Il miracolo si materializza a un minuto e cinquanta dall'inizio della canzone: il dolce dondolio della ballata s'arresta d'un tratto, passano alcuni istanti e tutto accade - come una mitraglia, la rullata assassina di Perry Baggs è la scintilla da cui si scatena il rogo. Da una triste melodia honky-tonk esplode, e sembra un petardo nel silenzio della notte, il PUNK. Furia allo stato brado. Il pezzo è lo stesso, ma nel giro di un attimo s'è trasformato in una creatura completamente diversa. Immaginate che il silenzio di quei pochi secondi sia, condensato, lo stesso silenzio che Hank s'era lasciato dietro in quella lontana notte d'inverno. E immaginate che in quegli stessi, pochi secondi, un salto musicale di quasi un trentennio sia avvenuto. Il country è tornato cosa giovane, viva (e soprattutto...PERICOLOSA), è lo sfogo di quattro ragazzi del 1982 che vanno in cimitero a ridestare suoni che sembravano ormai cadaveri.

Quei quattro erano Jason e gli Incendiari di Nashville.  

Jason Ringenberg, esatto: il classico esempio di uomo giusto nato nel posto sbagliato (prima di prendere il treno, quello a lui più congeniale, per il Sud). Cosa poteva mai aver a che fare, con le ciminiere dell'Illinois, uno che fin da tenera età aveva consumato (e il termine non è metaforico) i dischi di King Hank, Jimmie Rodgers e della Nashville degli anni d'oro... ma che la lezione di Chuck Berry e degli Stones l'aveva imparata, eccome - perché poi... non arrivi alla fine di "Shot Down Again" che in mezzo a quella rabbiosa miscela di armonica e r'n'r per vaccari ti pare di sentirci tutto: sia gli Stones "adolescenti", quelli per cui "You Can't Catch Me" & Co. era la minestra quotidiana, sia quelli già "cresciuti" di "Mother's Little Helper", che ormai camminavano per la loro strada e di complessi d'inferiorità non ne conoscevano più, davanti al B.B.King o al Muddy Waters di turno. L'irriverenza della gioventù...

"Se i Ramones fossero cresciuti a Nashville invece che nel Queens, probabilmente avrebbero suonato come Jason & The Scorchers" (senza "Nashville", toponimo che scomparirà poi) - la frase è di quelle storiche, e chi la disse ci aveva visto giusto. "Broken Whiskey Glass" è un'altra delle prove di ciò che succede quando il punk e le radici dei cowboys del Sud (due reagenti esplosivi nella stessa misura) hanno la fortuna d'incontrarsi. E in "Last Blue Yodel" (Jimmie Rodgers "revisited"...) la fiamma raggiunge la sua massima altezza, quel perfetto fulgore di rock'n'roll puro che Elvis - con pochissimi altri - accese nel suo periodo alla Sun per poi non ritrovare più per un'intera carriera. La fiamma (QUELLA fiamma) sa essere accecante, ma spesso non dura che un attimo.

P.S. Si raccomanda caldamente l'ascolto della versione ampliata dell'EP, con (fra le altre cose) un Carl Perkins che si mette a fare il pogo ("Gone Gone Gone") ma soprattutto (e questo concedetelo al sottoscritto romanticone, che a certe cose ci tiene) quella ballata straccia-cuori che è "Pray For Me Momma", quasi una "Dead Flowers" sotto l'effetto del sonnifero - "prega per me, mamma, sono un vagabondo adesso..."        

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