Dato che non tengo una mazza da fare per un paio di giorni dopo l'ultimo esame della sessione universitaria (Psichiatria, non sarà poi un caso se son finito qua), vi lancio lì un'altra perla italica ampiamente snobbata da queste parti. Parliamo di Francesco Piu, il più grande chitarrista/bluesman "pizza & maccaroni" presente sul mercato.

Sì perchè il talento è naturale, cristallino come l'acqua di montagna, lo stile nuota nelle radici del blues (il washboard è strumento d'ordinanza nei live) e si specchia in una voce costruita ma funzionale allo "spiritual" in oggetto, colorandosi di un'insospettabile freschezza nelle forme ben prima che nei contenuti per una materia storica ma stoicamente d'attualità nel panorama musicale.

Di lapalissiana origine sarda, l'America è nel sangue del ragazzo, che coltiva competenze nell'uso di una vasta serie di strumenti a corda tra tradizione ed innovazione (dobro, banjo, weissenboard, lap steel, e chi più ne metta, ho idea che riuscirebbe a far suonare anche uno stendipanni) nonchè nel destreggiarsi decentemente anche con l'armonica.

Dopo varie esperienze di vita (l'ho conosciuto nel periodo in cui ha suonato per Davide Van De Sfroos), il nostro si lancia nel suo primo disco in studio, "Ma-moo tones" (prodotto da Eric Bibb), ed è subito estasi di genere: al primo ascolto avrete subito la percezione di aver di fronte un lavoro estremamente curato, dalle sonorità mai scontate, travolgente quanto a carica vitalistica. Insomma, un bel blues con gli attributi, che forse non dirà nulla di nuovo per carità, però sentire un musico destreggarsi così bene con una chitarra tra le mani per qualcuno potrebbe risultare un buon surrogato di un amplesso (si scherza, please don't try this at home).

Nella sostanza nel disco troviamo una discreta varietà di pezzi, dei quali 9 originali e 2 cover (fantastiche, "Soul of a Man" di Blind Willie Johnson, elettrificata ed incattivita se vogliamo, e "Third stone from the sun" del buon Jimi, questa al contrario acustica, riflessiva in partenza ma sapientemente dotata di climax ascendente).

Ovviamente la risonanza delle proposte musicali di qualità almeno in Italia rasenta lo zero; questo non implica rassegnarsi ma al contrario impegnarsi nel dare atto al merito quando lo si incrocia: e di incroci io e Piu ne abbiamo avuti un discreto numero (siamo già a quota 5). Nei live lascia davvero di stucco: superbo intrattenitore, si fa accompagnare solo da un batterista, alle volte nemmeno da quello; colpisce per come orchestra e struttura nel contempo sezione ritmica, armonica e melodica, roba che ho visto fare solo dall'ahimè compianto Bob Brozman. Ed in tutto ciò, nemmeno l'ombra di virtuosismo gratuito, schiaffato in faccia "perchè io me lo posso permettere".

Insomma un giovincello che ha tutti i mezzi per farsi conoscere mantenendosi fedele al suo innato credo musicale: non posso che cercare di tendergli una mano in questo suo percorso con gli umili strumenti letterari di cui sono dotato.

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