Il mio periodo "aureo" come lettore è stato più o meno dai sette ai quindici anni: leggevo qualsiasi cosa mi capitasse a tiro, compresi atlanti geografici precedenti alla caduta del muro di Berlino, una mastodontica enciclopedia risalente agli anni '60 e libri non esattamente annoverati tra i massimi capolavori della letteratura come ad esempio "Heidi" di Johanna Spyri o "Martina" di Astrid Lindgren (di quest'ultimo conservo comunque un ricordo piacevole e abbastanza nitido nonostante gli anni trascorsi); intorno ai nove o dieci anni riuscii persino a portare a termine un'edizione integrale dei Promessi Sposi appartenuta a mia sorella (saltando ovviamente la famigerata descrizione del primo capitolo). Insomma, non è che girassero chissà quali letture a casa mia, però la mia voracità era davvero notevole, una manifestazione di quel lato puntiglioso e un po' maniacale della mia pesonalità di cui ho ampiamente fatto sfoggio anche come recensore. Purtroppo con il passare degli anni ho un po' perso questa buona abitudine, riacquistandola almeno in parte solo in tempi recentissimi.

Sempre il solito, maniacale e pure narciso: Danny questo non è il tuo diario segreto, ai tuoi lettori non frega niente di questi "suggestivi" spaccati di vita vissuta, passa al sodo! Ah, già, "Le Pietre della luna", un bel romanzo che mi ha amabilmente tenuto compagnia in queste settimane a cavallo tra febbraio e marzo 2015. Storia interessante quella di questo scrittore: figlio di Albino Buticchi, un passato remoto da ricchissimo petroliere nonchè presidente del Milan scialaquato da decenni di investimenti sbagliati e dipendenza patologica del gioco d'azzardo. Se il padre avesse saputo gestire il suo patrimonio in maniera più oculata probabilmente oggi Marco Buticchi sarebbe un pezzo grosso dell'economia italiana, il presidente di Confindustria o qualcosa di simile e invece, partendo proprio da questo libro pubblicato nel 1997, è riuscito a intraprendere una carriera di scrittore ricca di successi e riconoscimenti; da parte mia tanta ammirazione e, lo confesso, un pizzico di invidia. Un romanzo storico? D'avventura? Una spy-story? "Le Pietre della Luna" è tutto questo e anche più; la caratteristica più importante è sicuramente una struttura molto particolare, suddivisa in quattro macrocapitoli (terra, acqua, fuoco e aria) che a loro volta si frastagliano in frammenti narrativi dalla lunghezza variabile da mezza a non più di cinque pagine, coinvolgendo l'ascoltatore in un'avvincente spola tra l'Impero Romano della dinastia dei Flavi e gli anni '90 del '900, due epoche storiche apparentemente lontanissime ma entrambe caratterizzate da un fitto dedalo di macchinazioni e giochi di potere.

Da una parte le peripezie di Giunio e Clelia, un legionario e una vestale che, loro malgrado, si ritrovano coinvolti in un'incredibile e infinita sequela di intrighi, dall'altra la CIA, il Mossad, la NASA, i misteri di Hitler e una società segreta dalla finalità ambigue e nebulose. L'unico, labile punto di contatto tra i due filoni narrativi principali sono le Pietre della Luna, enigmatici manufatti in oro di epoca preromana appartenenti alla famiglia di Giunio che, secoli dopo, vengono ritrovati nei resti di un U-Boot, insieme ad oggetti personali del Fuhrer e un plico di complessi calcoli astronomici. Colpi di scena che si susseguono repentini ed in continuazione fino ad un epilogo agrodolce e uno stile narrativo semplice ed elegante fanno di questo libro una lettura scorrevole, avvincente e piacevolissima, anche se i personaggi non sono poi niente di speciale: ognuno ha il suo ruolo ben definito, ognuno è uno strumento al servizio della trama, anzi, delle trame, vere protagoniste del romanzo.

Le vicende romane e l'interludio seicentesco ambientato nelle colonie spagnole del Nuovo Mondo, tra tesori, galeoni, ammutinamenti e naufragi per me hanno un fascino maggiore rispetto agli intrighi spionaggistici del filone "odierno", ma questo credo dipenda in gran parte dai gusti e dalla sensibilità personale del lettore, in ogni caso penso che "le Pietre della Luna" sia un bellissimo romanzo, moderno e molto curato dal punto di vista della documentazione storica, un po' come una canzone di Al Stewart. Perfetto per chi cerca una lettura d'intrattenimeno, ma con qualità, gusto e stile.


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