Caro CANIDI,

mi sono messo in un bel guaio, un grosso guaio! Ho promesso una recensione a quattro mani ad un amico ma ho avuto pochissimo tempo per documentarmi su una band a me sconosciuta fino a pochi giorni fa. Ed in più si sono aggiunti i cronici problemi di connessione alla rete che mi hanno quasi del tutto impedito la mia conoscenza del gruppo e l'acquisizione sonora dell'album...Un guaio vivere in mezzo alle montagne!

Il disco è stato inciso dalla band nel 2004; i ragazzi provengono da Tucson, Arizona, una terra di confine che spalanca le porte del deserto, luogo caldo, infinito, che non perdona. Da subito diventa per me facile associarli a band desertiche per eccellenza, come Kyuss e Thin White Rope.

La copertina è già un quadro riassuntivo e allo stesso tempo inquietante: un'immagine nemmeno troppo nitida che mostra degli alberi scheletrici, con un cielo livido ed oscuro all'orizzonte; una minaccia concreta di pioggia, evento rarissimo in un deserto. Perché proprio il deserto vuole richiamare l'immagine: ho pochi dubbi a proposito.

Musica strumentale la loro: rarefatta, avvolgente, che ti penetra nel profondo. Come il brano che dà il titolo all'opera: quasi sei minuti per una canzone amara dall'incedere imponente, misterioso, sublime. Arrivi alla fine ma vorresti già da subito ripartire dall'inizio, per sempre; un brivido caldo come il sole cocente del deserto. Una distesa infinita che non perdona, se non di rado: questo è il deserto e questi sono per me i Friends of Dean Martinez.

Scopro che la band è formata da membri di Calexico, Giant Sand e Naked Prey ed è attiva già da una ventina di anni: ma che cosa mi sono perso in questi decenni!?! Ed allora dovrò quanto prima colmare questa mia lacuna, ringraziando al tempo stesso chi me li ha così saggiamente consigliati.

Con cordialità, DE.

Caro DE,

lo sappiamo bene che le promesse vanno mantenute! Chissà cosa aveva in mente quel tuo amico proponendoti un album così fuori dai circuiti musicali odierni, con un nome così particolare? Friends of Dean Martinez, gli amici di Dean Martin, cantante e attore statunitense, l'italianissimo Dino Paul Crocetti. Bill Elm, Joey Burns e John Convertino dovevano proprio amarlo molto e, forse, anche il tuo amico deve proprio volerti molto bene per aprirti le porte della loro meravigliosa musica.

Dici bene: deserto, deserto, deserto. In "Random Harvest" il sole non è più a novanta gradi che picchia inesorabile sopra le nostre teste, siamo al tramonto, tutto si infiamma, il colore della terra cotta prende il sopravvento. Sentiamo l'aria calda che soffia intorno a noi, vediamo le ombre che si allungano come i suoni cinematografici della slide guitar di Bill Elm.

Negli otto pezzi dell'album ci allontaniamo (ma non troppo) dal luminoso western-sound-morriconiano che qualsiasi amante della buona musica e del buon cinema conosce. Si entra in una zona crepuscolare struggente e misteriosa, a tratti persino tenebrosa. Un album, una musica, un gruppo da gustarsi all'aperto di fronte ad orizzonti sconfinati e maestosi. Che sia il mare, le tue care Alpi o pure una distesa di campi coltivati nulla cambia. "Random Harvest" è una perfetta colonna sonora e noi siamo i protagonisti solitari di un film che dev'essere ancora girato.

Ma che strana coincidenza caro DE! Tempo fa un amico mi consigliò quei Thin White Rope che citi nello scritto. Un altro sound, decisamente più rock ma con la stessa matrice desertica nell'anima. Due gruppi, due facce della stessa medaglia, una più diretta, l'altra più introspettiva, due mondi che, a livello musicale, si sfiorano e si completano a vicenda.

Non l'ho ancora ringraziato abbastanza! Teniamoceli stretti certi amici che di questi tempi sono più rari di una pozza d'acqua......nel deserto.

In fede, CANIDI.

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