Finalmente i Coldplay hanno deciso di lasciare alle spalle le imbarazzanti sonorità di Mylo Xyloto cercando di evolversi, riprendendo un percorso che a mio avviso avevano abbandonato già dopo l'uscita di X & Y (2005).

Continuare a vivere di rendita, come si sospettava, è un obiettivo che sembra allontanarsi pian piano dalle menti della band;

siamo comunque ben lontani dai tempi di Parachutes (2000), capolavoro assoluto, e A Rush of Blood(2002), che ha consacrato la band nel panorama alternative rock destinandola a diventare poi col passare del tempo un fenomeno di massa.

L'album è stato aticipato da 3 singoli, da Febbraio ad oggi, che hanno avuto immediato successo(?) [apparentemente così sembra]: la sognante Midnight, la romantica Magic e la hit A sky full of Stars.

Con Ghost Stories ci si trova di fronte ad un'opera elettro-pop dove la voce di Chris Martin sembra provenire da un'altra dimensione.

Chi parla sono proprio i fantasmi del frontman, costretto ad affrontare una situazione problematica che ha poi deciso di raccontare in musica, esponendosi in maniera coraggiosa secondo il parere degli altri membri della band.

I brani ci vengono quasi sussurrati nell'orecchio, trasmettono una calma incredibile, la presenza dimolti e lunghi intermezzi strumentali fanno capire quale sia stato lo spirito con cui è stato concepito l'intero album.

Ghost Stories è un concept. Non proprio come i vecchi dischi prog anni '70, è un concept adattato alla modernità.

Come dichiarato dallo stesso Martin ruota attorno a due tematiche: l'idea delle azioni passate (e dei conseguenti effetti che possono influenzare il futuro), e la propria capacità di amare.

Sarà che la crisi con la moglie l'ha influenzato, sarà che con la musica abbia sfogato la sua frustrazione, ritroviamo una band che torna a parlare d'amore. E lo fa in modo sdolcinatissimo. Il romanticismo è presente dalla prima all'ultima traccia, è palese, è negli accordi, lo senti nell'aria quando metti Play.

Se il primo pezzo che ti trovi di fronte si chiama Always In My Head, bhè.. capisci che è autobiografia pura!

Con Magic i Coldplay vogliono intraprendere nuove strade, una base minimal con molta attenzione alla vocalità che fa da padrona anche in brani come Ink e Another's Arms, a mio avviso uno dei brani più interessanti del disco.

Si trovano inserti dubstep accompagnati da melodie tipiche in pieno stile Viva La Vida, che abbiamo imparato a riconoscere, in True Love.

Sempre sulla scia di un'elettronica più marcata e ricercata arriva Midnight, dove c'è lo zampino del produttore Jon Hopkins, colonna portante dell'intero album, che ci strazia e ci conduce verso mondi sonori inediti, un brano che ha spiazziato anche il fan più accanito, anzi specialmente quello più accanito, della band, Immenso.

Oceans è un brano interessante, fatto di un'eterea leggiadria che ci lascia attoniti, inoltre qui è presente nel finale una specia di "reprise" di Midnight che, in realtà, poi scopriamo essere un intro per la successiva A Sky of Full of Stars, brano destinato a divenire la hit dell'estate.

Man mano che ci si avvicina al finale l'atmosfera diventa semprè più sognante infatti con Otroviamo solamente la voce di Martin accompagnata dall'immancabile piano.

Purtroppo il paragone con i Radiohead è inevitabile, una band che ha già sperimentato questo tipo di visione intimistica della musica, riuscendoci a mio giudizio meglio dei Coldplay.

E difatti si parla di un disco puramente intimista, uno di quelli che fanno bene alla gente, uno di quelli che forse l'ascoltatore medio farà fatica a digerire, uno di quelli che ti lasciano dentro un vuoto che a tratti diventa angosciante, ma piacevole, uno di quelli che l'ascolti la prima volta e ti viene da parlarne (vedi IO).

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