“Grande raccordo animale”, secondo album solista di Appino.
Sonorità molto lontane da “Il testamento” e soprattutto dal suono folk-punk degli zen circus; il ruolo chiave di ciò è da ritrovare in Paolo Baldini, produttore specializzato in sonorità dub e autore del tocco reggae degli ultimi due album dei Tre Allegri Ragazzi Morti.
Tornando ad Appino, album molto diverso anche nelle tematiche principali, la guerra con il mondo, la critica cinica e lo sberleffo gnegne sembrano alle spalle, adesso sembra giunto il mondo di un altro cambiamento, più introspettivo, come a voler girare la lente d’ingrandimento dal “voi/noi/essi” a “io” e il cantautore pisano lo fa con la sua tipica disillusione e parole agrodolci, ne è un esempio è “Rockstar”:

Caro barista

un tempo io ero anche famoso

avevo una band

mangiavo fuori ogni Santo giorno

e una ragazza che… la gente si girava a guardarla

mi ricordo molto poco

questa birra non so come pagarla

Il pezzo che però secondo me riassume l’Appino presente è quello di chiusura, ossia “Tropico del cancro”:

“Ufo mi ha insegnato questa cosa qua

Non farsi mai e poi mai trovare

Dove tutti ti vogliono aspettare

Ma se poi, voi non mi trovate

Ai miei concerti chi ci verrà?

Vai a lavorare, qualcuno dirà!

E cos'altro potrei dire

Se non mandarvi tutti a fare in culo

Ma l'ho già fatto e meno male

Che forse mi ci pago il mutuo”

“Ulisse”
invece è la start-track e riprende uno dei temi che poi saranno ripresi per tutto il resto dei 40 minuti circa, ossia il viaggio non solo fisico ma soprattutto metaforico in questo caso; nulla rimane immobile e tutto cambia e ciò vale anche per se stessi. La canzone più particolare invece è “La volpe e l’elefante” scelta addirittura come single ma interessante solo per i tratti quasi funk, sfumatura che si trova solo in questa canzone.

Adesso basta con la solita recensione schematica e noiosa, quando ho sentito quest’album per la prima volta ho pensato che Ligabue avesse fatto uscire un cd a sorpresa ma facendo le solite canzoni risentite e risentire e risentite… o che Appino si fosse bevuto il cervello facendo canzoni pop molto banali e prevedibili, insomma ci ho messo un po’ per provare a riascoltarlo con interesse, e alla fine non ne vado pazzo.
Non è l’album della vita, è solo pseudopop con un pizzico di reggae-dub q.b.

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