Alla seconda prova sulla lunga distanza, Noel Gallagher si conferma come uno dei migliori autori britannici della sua generazione.

Lontanissima dalla sua mente (almeno a parole) l’intenzione di riavviare col fratello quella macchina da soldi chiamata Oasis, a quattro anni di distanza dall’esordio sforna con i suoi High Flying Birds un’opera seconda che non ha niente da invidiare al capostipite e, anzi, con un paio di guizzi e alcune buone soluzioni inedite riesce persino a superarlo.

Battezzato “Chasing Yesterday” (“gli ho dato un titolo praticamente a caso”, ha più o meno dichiarato con la sua solita sprezzante ironia”), e anticipato dal pop frizzante di “In The Heat Of The Moment” e “Ballad Of The Mighty I” (unica collaborazione del disco, con il leggendario chitarrista degli Smiths Johnny Marr, e figlia diretta dell’esperimento simil-dance del disco precedente “AKA… What A Life!”), l’album è sostanzialmente attraversato da due correnti diverse.

Una è il recupero e il consolidamento del tipico songwiting brit rock ormai marchio di fabbrica del Gallagher maggiore: si prenda “Lock All The Doors”, costruita su di una demo degli Oasis risalente addirittura al 1992 (e si sente), oppure “You Know We Can’t Go Back”, col suo refrain urlato al cielo che richiama alla mente addirittura i ripudiati (da Noel stesso) Oasis dell’era “Be Here Now”. L’altro filo conduttore, indubbiamente più interessante, prevede l’inserimento di qualche novità nel rodatissimo sound gallagheriano (niente di rivoluzionario, ma indubbiamente una bella e sana rinfrescata): le atmosfere fumose e floydiane, con tanto di assolo di sax, dell’impeccabile opener “Riverman”, gli Eagles di “The Girl With X-Ray Eyes”, addirittura la forte patina jazz di “The Right Stuff” (con preziosa voce femminile aggiunta), per distacco il miglio pezzo solista in assoluto del Gallagher senior. Uniche battute la piatta “While The Songs Remains The Same” e l’insipido rockaccio di “The Mexican”, soprattutto quando son state lasciate fuori delle perle rare finite poi come bonus nella versione deluxe (“Revolution Song – altra demo Oasis – su tutte, ma anche “Freaky Teeth”, chiaramente ispirata alle colonne sonore di 007). Non manca, esattamente a metà opera, la tipica ballad gallagheriana, stavolta “The Dying Of The Light”, che circolava in rete in versione chitarra e voce già da anni.

Con questo lavoro Noel Gallagher conferma le sue ambizioni solistiche, consolida il suo percorso finora impeccabile ed allontana sempre di più le speranze (per chi ci spera ovviamente) di una ripartenza della “casa madre”. Meglio così o no, ai posteri l’ardua sentenza.

Traccia migliore: The Right Stuff

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