Ci si può innamorare di una storia ma, al contempo, rimanerne sopraffatti? Forse sì.

Nella vita spesso accade di dover fare i conti con i propri fantasmi; un po’ meno spesso, forse, di imbattersi in quelli degli altri.

Ma la storia di cui voglio parlarvi “vi riguarda, vedrete che vi riguarda”.

E’ difficile provare a parlare di un libro, fosse anche un flebile fraseggio, il cui soggetto è il dramma della Shoah; ancora più difficile se, a raccontarne gli eventi è un, seppur di fantasia, ufficiale nazista.

Non credevo un romanzo potesse mettermi in soggezione, instillarmene deferenza, ammirazione e, allo stesso tempo, raccapriccio. Non immaginavo quale effetto dirompente potesse avere su di me, eppure “Le Benevole”, di Jonathan Littell, ha avuto il pregio, se così si può dire, di aver suscitato in me tutto ciò.

Proverò a parlarvene con deferenza, forse timore, quasi a rivivere quelle paure di tredicenne, una mano a coprire la bocca, la paura di essere ascoltato nell’atto di una confessione, al proprio compagno di banco, di segreti impronunciabili.

Agli albori della seconda guerra mondiale un giovane e brillante laureato in Legge, a causa delle pulsioni omosessuali e con lo scopo di evitare guai peggiori, finisce coll’iscriversi al partito nazional-socialista intraprendendo così la carriera militare. Seguirà, con diversi ruoli, le varie fasi dello sterminio, sul fronte ucraino prima, e su quello sovietico poi. Dopo aver corso il rischio di rimanere ucciso a causa di un proiettile conficcatosi nella testa, Maximilian Aue, pur profondamente permeato dall’ideologia nazista, intraprende un lungo e doloroso percorso di astrazione e rinnegamento, vivendo il crepuscolo del delirante sogno nazista.

Le vicende che il libro narra, tristemente note ai più, eccetto quelle relative al protagonista, come detto personaggio di fantasia, sono da far tremare le vene ai polsi: la dovizia di particolari con il quale l’autore descrive minuziosamente ogni evento accaduto in quel periodo fa riflettere sulla barbarie umana ma, per quanto possa sembrare assurdo, non è la cosa che principalmente ho apprezzato di questo libro. Senza voler mettere in secondo piano la penna magistrale che affresca le pagine di questo libro, o il certosino lavoro di ricostruzione storica, ciò che realmente mi ha destabilizzato è la lucida disamina degli eventi che hanno portato il protagonista del libro a compiere determinate azioni ed, alla fine, arrivare alla assoluta convinzione che, tutto sommato, chiunque altro al suo posto avrebbe fatto lo stesso.

Forse è questa la domanda che il libro instilla nella mente di chi lo legge.

Ho tremato, vacillato, meditato….ho provato a immedesimarmi in quella situazione per capire, trovare una risposta.

Beh, quella risposta non è arrivata, la lettura del libro ha solo avuto l’effetto dirompente di una bomba di profondità alla ricerca di un sommergibile, che deflagra in un attimo, che non ti da il tempo di riflettere, capire, pregare per crimini che non hai commesso ma dei quali, mi sono sentito in parte responsabile, come se, a quel mostruoso ed insensato massacro, avessi partecipato anche io. E’ questo, forse, il peccato di cui si è macchiata la razza umana? E’ veramente questo il crimine di cui più ogni altro la storia dovrà conservarne memoria a monito per le generazioni future?

Gli aspetti su cui avrei dovuto soffermarmi per rendere giustizia al romanzo porterebbero la recensione ad essere troppo prolissa, ho cercato quindi di soffermarmi su ciò che più mi ha colpito. Aggiungo solo che si tratta di un libro impegnativo, come mai prima nessuno: estenuante, esigente ed, in qualche circostanza, prolisso. Ma è un peccato veniale, a 1000 pagine di storia credo lo si possa concedere.

Ciò che vi chiedo, ciò che realmente vorrei voi faceste, ove mai decideste di leggere questo meraviglioso ed imperdibile scritto, è domandarvi se siete disposti a concedervi a questo libro, pronti come mai ad un amore incondizionato, perché è ciò che dovrete fare. E a confrontarvi con voi stessi, mettere per un attimo in discussione le vostre convinzioni, perché questo è ciò che vi chiederà l’autore.

Dimenticavo, leggendo qui e là tra le recensioni pubblicate in rete, sono rimasto colpito da un commento ad una di esse che riposto testualmente: “Ho prestato il libro e non l’ho richiesto indietro. Sono contento di non averlo più in casa.”

Non ho avuto il coraggio di dargli torto.

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