Sta arrivando.

L'incubo della fine di ogni cosa è entrato sottopelle nella nostra società. Prima o poi arriverà il giorno e la fine verrà a parlarci. Ed ecco che il tema è stato affrontato da cinema e letteratura: l'apocalisse psicologica e reale del "Melancholia" firmato Von Trier, il post sconosciuto di "The road" del grandissimo Cormac McCarhty, l'umanità deflagrata del recente "The rover" di David Michod. "These final hours" dell'australiano Zak Hilditch si posiziona a metà tra l'imminenza dell'inevitabile ("Melancholia") e lo scenario di "The rover", di cui è parente strettissimo.

Una tempesta di fuoco si sta abbattendo sul mondo e ha già spazzato via diverse nazioni. Avanza verso l'Australia. La fine sta per arrivare. C'è soltanto da scegliere come vivere questi ultimi momenti. James (un sorprendente Nathan Phillips) lascia la fidanzata e salva la piccola Rose. L'obiettivo è ricongiungerla con il padre, a cui la ragazzina ha promesso di passare insieme gli ultimi minuti di vita.

Sostenuto da una fotografia ancora più calda e "accesa" di quella del cugino "The rover", il lungometraggio dello sconosciuto Zak Hilditch riesce a condensare insieme fantascienza, sentimenti, ma anche qualche discreto pugno visivo, soprattutto all'inizio del film. Hilditch fa suoi tutti i clichè del genere e il suo film è un'altra versione del padre/figlio di cui McCarthy aveva raccontato in "The road". D'altronde è difficile che un film di genere non sia debitore di altre opere che hanno in qualche modo definito il genere stesso.

Senza voler essere un punto cardine della fantascienza "These final hours" si segnala per una regia solida e un impianto strutturale altrettanto riuscito, sebbene la pellicola punti maggiormente verso il sentimentalismo nella seconda metà. Ma va detto che il tutto è coerente con la narrazione: per il protagonista James, quel viaggio con la ragazzina è una sorta di redenzione prima dell'addio a tutto, l'ultimo barlume di moralità di un mondo che sta andando verso la totale rovina; Rose è la purezza, l'angelo che come tutti gli altri esseri umani sta esalando gli ultimi respiri. L'ecstasy che sarà costretta a ingerire è una sorta di "rito di passaggio", come se ciò servisse a rendere più accettabile a Rose il fato imminente.

La scienza e la natura hanno vinto su Dio e l'uomo, la sua "creazione" ormai destinata a perire. Non c'è nulla che possa cambiare lo stato delle cose, ma solo l'accettazione della propria condizione. C'è solo ed inevitabilmente l'ineluttabilità della fine.

"These final hours" non ridefinisce i canoni del disaster movie, ma si segnala come un prodotto ben curato e che oltre ad intrattenere sa anche far riflettere quanto basta. Per di più, siamo di fronte all'ennesima conferma del buono stato del cinema australiano, che solo negli ultimi anni si è più volte segnalato per titoli e registi che portano avanti un movimento tra i più interessanti attualmente a livello cinematografico. Titoli come "The proposition", "Animal kingdom", "The rover", "The babadook" e nomi come David Michod, John Hillcoat, Jennifer Kent e altri ne sono la prova.

"Se questo era il piano perfetto di Dio, allora è un idiota."

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