Klaus Schulze ha fatto la storia della musica elettronica del secolo scorso e continua ad essere ancora oggi un artista integro pubblicando album sempre dignitosi. In molti casi si tratta di sublime artigianato che nulla aggiunge a quanto detto da lui in passato tuttavia è la dimostrazione della ritrovata ispirazione di un artista che ha seriamente rischiato di perdersi negli anni ’80 a causa dell’alcolismo. Schulze si è ritagliato un posto nell’Olimpo degli Dei del Cosmo grazie a una pietra miliare come “Irrlicht”. Il musicista tedesco ha di fatto inventato la Musica Cosmica ed è stato imitato da pur validi artisti come il francese Jean Michel Jarre. Negli anni ’70 era in stato di grazia e tutti i suoi album di quel periodo sono di fatto imprescindibili. La monumentale sinfonia spaziale di “Cyborg”, il “wagneriano” “Timewind”, il meditativo “Picture Music” e i classici “Moondawn” e “X”, sono tutti lavori importanti e di alto livello. Il mio preferito in assoluto rimane però il suo terzo disco “Blackdance” (1974), un giudizio condiviso anche da Steven Wilson dei Porcupine Tree come riportato da Schulze nel booklet della ristampa in cd della Revisited Rec. (2007).

Blackdance”, rispetto a “Irrlicht” e “Cyborg”, è sicuramente più “leggero” e melodico se confrontato con i suoi predecessori e costituisce un evidente cambiamento. Questo disco mantiene nondimeno un’oscuta aura gotica e cosmica che lo rendono unico. La copertina, opera dell’artista svizzero Urs Amann, è in puro stile surrealista ed è ispirata all’universo del grande Salvador Dalì. E’ sicuramente un’ottima introduzione ai paesaggi onirici evocati dalla musica. La prima traccia - “Ways Of Changes” - è introdotta dalle magniloquenti sonorità del synth che ci avvolgono in una tristezza cosmica infinita. Poi gli arpeggi di una chitarra acustica ci accompagnano dolcemente seguiti dalle percussioni che danno un’impronta decisamente ritmica alla musica. Non bisogna dimenticare come Schulze abbia suonato la batteria in “Electronic Meditation” dei Tangerine Dream e nei primi Ash ra Tempel. La successiva “Some Velvet Phasing” è quieta e meditativa e si inserisce a pieno titolo nel solco dello “zeitgeist” dei Corrieri Cosmici. La chiusura è affidata alla lunga “Voices Of Syn” (oltre 22 minuti) introdotta dalla voce del cantante d’opera Ernst Walter Siemon che canta un’aria di Verdi. Il connubio creato dalla voce e dai suoni del synth creano un’atmosfera drammatica di una bellezza irreale: sembra di essere all’interno di una cattedrale sconsacrata durante la celebrazione di un rituale antico e dimenticato. Le pulsazioni del synth prendono quindi il sopravvento delineando quello che sarà il Schulze-sound del futuro. Poi è la volta di un organo maestoso che dona un’aura quasi sacrale alla musica. Avvolgenti spirali di synth e sibili elettronici chiudono questo disco epocale.

Black Dance” è uno dei migliori album di Klaus Schulze del suo periodo d’oro dei ’70 e non dovrebbe mancare in nessuna collezione degli amanti dell’elettronica.

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