Sostituire il cantante storico e mettere di nuovo d’accordo tutti. Questo è successo ai Queensrÿche dopo il divorzio da Geoff Tate e l’inizio della nuova era con Todd La Torre. Solitamente dopo un cambio così importante è più facile incontrare i commenti dei nostalgici che rimpiangono il vecchio componente, invece i Queensrÿche sono, a detta dei fan, in serie positiva da tre album. La formazione di Bellevue - a cui viene solitamente riconosciuto il contributo alla nascita e allo sviluppo del progressive metal (riconoscimento spesso oggetto di dibattiti e controversie) - è praticamente divenuta a partire da metà anni ’90 lo zimbello dell’heavy metal alla pari di Metallica e Dream Theater per via di diverse scelte stilistiche considerate troppo lontane dalle attitudini del gruppo. Ma il cambio di vocalist ha cambiato incredibilmente le cose. Ma siamo sicuri che tutto questo entusiasmo ritrovato sia davvero conseguenza di un’ispirazione ritrovata?

“The Verdict” è, come d’altronde i due predecessori, un disco di hard & heavy melodico pienamente in linea con la gloriosa storia del gruppo. I riff sono improntati su un heavy metal abbastanza classico, non eccessivamente duro né troppo movimentato, forse più imparentato con un certo hard rock, e che non si sposa con la voglia di diventare moderni a tutti i costi, soltanto una produzione piuttosto brillante e rocciosa rende il disco tremendamente attuale; in più la voce di La Torre non è altro che la classica voce lirica e acuta che un purista dell’heavy si aspetterebbe; brani complessivamente poco articolati, con poca sperimentazione, giusto una notevole attenzione alla ricercatezza melodica e a qualche timida finezza strumentale che rende il tutto giusto un po’ più altisonante, che non fa parlare di “disco heavy metal qualsiasi”, perché i Queensrÿche non sono fatti per essere una band qualsiasi e il fan della band lo sa. Tutto suona davvero alla grande, arriva dritto nelle orecchie, non si dilunga troppo e almeno in quei tre quarti d’ora scarsi soddisfa l’orecchio, poco importa se nel lungo periodo tutto si confonderà nella miriade di dischi heavy senza distinguersi per qualche motivo e alla fine diverrà comunque un “disco qualsiasi”.

Il fatto è semplice: i Queensrÿche con La Torre hanno semplicemente fatto quello che i puristi del gruppo avrebbero voluto, soltanto manca quel pizzico di coraggio di osare giusto quel tanto che la band aveva negli anni ’80 e primi ’90, il fan old school sa che dopo tanti di carriera non si può chiedere troppo e pertanto finge di non chiedere, si accontenta. La band ha viaggiato in un porto sicuro dove sapeva che non sarebbe stata inghiottita dalle correnti, “The Verdict” è un disco paraculo al massimo, un disco che potrei definire “sicuro”, “comodo”, sfrutta un’idea obsoleta e strausata sapendo che così non si sbaglia, non c’è niente di davvero originale che faccia fare il salto di qualità, tutto è ordinaria amministrazione.

Io invece vado controcorrente; ammetto di averlo ascoltato parecchio durante i mesi estivi, alla fine della fiera è comunque un gran disco e ha una buona dose di energia, ma non credo ci sia da gridare al miracolo come qualcuno ha fatto, evidentemente per molti fan tornare ad un sound molto classico equivale a “ritrovare la giusta ispirazione”; per me il cambio dietro al microfono non è stato esattamente un toccasana, dei Queensrÿche avevo apprezzato proprio quel voler percorrere sentieri nuovi anche a costo di diventare impopolari, avevo apprezzato la sterzata alternative rock al limite del post-grunge del periodo 1997-2003, avevo apprezzato la ricercatezza ed il tocco sinfonico di “Operation: Mindcrime II”, disco che sinceramente non saprei quanto sia davvero da considerare inferiore al suo primo capitolo, ma sentitevi pure liberi di ammazzarmi se dico che non riesco a capire l’odio verso “Dedicated to Chaos”, praticamente il “Lulu” dei Queensrÿche a livello critico, non raggiunge nemmeno la media di due stelle su Progarchives e su Rateyourmusic manco fosse un disco di Sfera Ebbasta, eppure in quella sorta di hard pop orecchiabile e spigoloso c’era un’idea nel complesso più originale, una voglia di osare e di rischiare anche giocando col fuoco, e ora? Ora sono semplicemente una band che accontenta tutti e finisce lì, può andare benissimo, farà sempre piacere ascoltarli, ma nella musica bisognerebbe sempre andare avanti, spero questa sia solo una fase nostalgica.

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