In 13 anni ne possono accadere e cambiare di cose, puoi finire tre scuole, puoi sposarti, divorziare e risposarti, puoi aver cambiato diversi posti di lavoro, aver cambiato diverse cinture di karate, avere ¼ dei capelli che avevi mentre tua figlia che ieri spingevi sull’altalena ora potrebbe essere diventata una gran figa che esibisce cosce, tacchi e drink in discoteca, ecc…

In ogni caso non sarà cambiata la tua voglia di un nuovo album dei Tool. Eh sì, anche ai Tool ne sono successe di cose dopo l’uscita nel 2006 di “10.000 Days”; vari progetti paralleli, incidenti, cause legali, una serie di accadimenti che hanno frenato la creazione dell’album senza mai però davvero spegnere la voglia di portarlo a termine.

In sostanza non è cambiato nulla, probabilmente perché molte idee erano sorte già una decina d’anni fa, ci si aspettava qualcosa di diverso dopo 13 anni ma alla fine ritroviamo i Tool più o meno come li avevamo lasciati. Tutto sommato ci può stare, mi viene da pensare che “Fear Inoculum” sia semplicemente la prosecuzione di un discorso cominciato con “Lateralus” e proseguito con “10,000 Days” e che questo discorso non fosse ancora del tutto completato. E così le nostre orecchie vengono ancora una volta deliziate da atmosfere claustrofobiche ed oscure che non nascondono un tocco vagamente tribale, passaggi di chitarra soffici, composti ma ipnotici, linee di basso metalliche, non eccessivamente pungenti ma tremendamente sofferte, drumming dalle molteplici sfaccettature, effetti sintetizzati, elementi tutti ben incastrati nelle dilatate trame psichedeliche, fino al momento in cui intervengono le sfuriate di chitarra distorta, abrasive e rabbiose al punto giusto ma che non sfociano mai nel metal estremo, è un po’ come una rabbia repressa che si trattiene finché può per poi liberare se stessa ma senza fare una vera carneficina. Rimane sempre un’ombra di dubbio su quanto siano effettivamente una band metal i Tool, dato che bisogna sempre attendere diversi e lunghi momenti di pacata sofferenza prima di arrivare agli sfoghi di chitarre distorte, forse bisogna essere prudenti e parlare di un progressive/alternative rock sofferto, oscuro e psichedelico che usa il metal solo per liberare lo sfogo; discorso a parte per il brano “7empest”, dove le ritmiche potenti prevalgono su tutto.

Tuttavia qui si vuole esagerare rendendo il tutto più dilatato che mai, le tracce infatti hanno quasi tutte una durata superiore ai 10 minuti, arrivando a riempire il riempibile del supporto fisico, quasi a voler dire “se dobbiamo tornare dopo così tanti anni dobbiamo farlo in grande”; la versione digitale ha anche tre tracce in più, onestamente evitabili, si tratta semplicemente di interludi composti da innocui fruscii sonori.

Si avverte però un certo senso di déjà vu in diversi momenti, la title-track sembra essere l’alter ego di “The Grudge”, “Pneuma” sembra la gemella di “Right in Two” ma un pochino anche di “The Patient”, gli arpeggi di “Descending” ricordano invece quelli di “Wings for Marie Pt. 1”. L’unico brano totalmente rivoluzionario per il sound della band è la breve “Chocolate Chip Trip”, un industrial malato dove pesanti suoni elettronici sono accompagnati da un intricato e selvaggio drumming.

Gran parte di quanto scritto in questa recensione potrebbe tranquillamente descrivere anche i dischi precedenti, almeno per il momento i Tool rimangono in territori amici e fanno ancora una volta centro, un po’ tutti usciamo dall’ascolto del disco soddisfatti per l’insperato ritorno ma anche perché quello che abbiamo ascoltato è pienamente conforme a quello a cui ci avevano abituati e che ci aspettavamo, poco importa se non si è fatto nessun vero passo avanti, la band saprà meglio di noi quando farlo, probabilmente sentiva che fare un passo azzardato dopo 13 anni non era la cosa migliore. Ora però crediamo davvero che i Tool possano rientrare in una produzione a pieno regime, la stessa band ha dichiarato di avere molta carne al fuoco e che probabilmente non si dovranno aspettare altri 13 anni per la prossima uscita, per il momento è sufficiente dare loro il “bentornati”.

Carico i commenti... con calma