“Can you hear us?”.
Già dalla traccia d’apertura Liars reclamano l’attenzione generale.
Come dargli torto! Non deve essere facile ai giorni d’oggi la vita dei musicisti della grande mela. Vogliosi di veder riconosciuto il loro talento anche al di fuori del circuito underground finiscono spesso nel dimenticatoio perché non conformi al modello considerato al momento “vincente”.

I Liars sono di NYC, non hanno un abbigliamento cool alla Strokes e anche perché non plagiano Velvet, Television, Clash e Stooges non sono stati scritturati dalle riviste che contano, per il kolossal “La Salvezza Del Rock “.
Ecco quindi che il loro primo lavoro arriva in punta di piedi da noi ignari europei in netto ritardo rispetto all’effettiva pubblicazione USA.

La band realizza un forte tributo all’indie garage anni Ottanta, distribuito all’epoca da etichette come la SST. Il sound dei Liars rispetta in pieno le caratteristiche del genere d’ispirazione. Canzoni psicotiche regolarmente registrate low-fi, basso in forte evidenza, frontman energico che alterna strofe urlate a parti quasi parlate, chitarra con riff caotici utilizzati più come accompagnamento che come forza trainante del brano.

Oltre che per la forte influenza che esercitano sulla band gruppi storici come Minutemen e i primi Sonic Youth, i Liars si distinguono anche per il loro forte anticonformismo. Titoli ironici e lunghissimi, la consueta forma della canzone disintegrata (50 minuti per brano con la conclusiva suite della durata di circa mezz’ora), accrescono l’interesse per questa ennesima realtà proveniente da New York.

Questo non è un album per tutti, ma sicuramente interesserà coloro che credevano ormai persa la possibilità di ascoltare questo genere adattato ai giorni nostri.

Carico i commenti... con calma