Partiamo da un dato di fatto: questo è il miglior album dei Flaming Lips.

Invano gli estimatori del gruppo hanno aspettato quasi due decenni per ascoltare un disco dei nostri amati freakout (loro si!!!) dell' Oklahoma che ne possedesse la stessa monumentale compattezza e, pur avendo seguito il gruppo nella sua evoluzione, sono in molti quelli che hanno perso definitivamente le speranze di vedere ripetersi il miracolo (tra l'altro in questi giorni esce il nuovo dei F.L., “At War With The Mystics”). 

In piena esplosione pre-grunge i F.L. pubblicavano il loro “difficile terzo disco” che chiudeva il cerchio degli anni '80 e spianava definitivamente la strada alla miriade di sperimentatori del rock dei '90 (Motorpsycho in testa, dai più ritenuti i degni continuatori dell' opera dei nostri). Appena messo su il disco parte sparato con "Drug Machine in Heaven", qualcosa di simile a montare su un'Harley e seminare il terrore per due minuti su un'isola pedonale in un tranquillo sabato pomeriggio metropolitano. Puro Detroit sound virato à la Barrett. Si prosegue con "Right Now", uno di quei riff di chitarra che non scordi più, una sezione ritmica che spacca: tensione costante. Il testo descrive uno stato di spaesamento psichedelico, ma ad alcuni sembrò un inno antimilitarista.

A questo punto qualcuno ricorda a Michael che è ora di alzarsi e lo fa con un assolo di chitarra che più acido non si può, zio Jimi permettendo: appena il tempo di sfumare e la chitarra abrasiva di Wayne Coyne attacca il brano più bello del disco, quel "Chrome Plated Suicide" che se non piangi lì è il caso di suicidarti sul serio: 

 

"If all my dreams were a tidal wave
And every day was christmas
We could spend our lives in the drip
At the edge of the world
Cause love does things that you can't see
It's like telepathic surgery
And cuts and scrapes just like Iggy Pop thrown in a hole
If you take away my nerves
And leave just my words
Love would be the best thing in the world…".

 

Perdonatemi la citazione del testo ma non ho potuto farne a meno; per chi conosce i Flamin' non è una novità che i testi siano belli quanto la musica, e questo brano conferma quanto detto. “Miracle on 42nd Street” e “Hell's Angel's Cracker Factory” sono i pezzi più acidi del disco, e bisogna solo ascoltarli per capire qual è il punto di non ritorno dei F. L. “U. F. O. Story” comincia come una chiacchierata in studio tra i musicisti (tra l’altro si menziona anche Michael Stipe…) e si evolve  in un pastiche rumorista che sfocia nel lirismo di un pianoforte che non sa più cosa suonare oltre: difficile trovare quattro note della stessa intensità nel panorama rock odierno. La corsa di qualcuno ci introduce “Redneck School of Tecnology”, altra grande prova rock dei nostri, si, rock e basta, chitarre affilate, voci dirette, ritmi secchi e perfino un’ armonica a bocca. Impagabili.

Le ultime quattro canzoni potrebbero benissimo far parte di una suite e poco aggiungono (a parte una citazione de “Il Lago dei Cigni” di Cajkovskij) a quanto precedentemente sentito ma sono indispensabili perché direttamente da queste note i F. L. prenderanno le mosse per i loro dischi successivi. “Begs and Haching” è la degna sublimazione del sound del gruppo, grezza e compiuta come ogni loro prova. Infine l'applauso, meritatissimo.

In questo capolavoro troverete echi di qualsiasi gruppo che abbia solcato le scene dalla nascita del rock ’n’ roll: questo disco trasuda lacrime, sudore e sangue da ogni singola nota e perfino dai silenzi. Molti tra i cronisti rock definirono “Telepathic Surgery” un concept-album, e questa definizione suonerebbe pomposa per molti dei gruppi di quel periodo ma, al pari di altre perle dell’ epoca, quella che ritroviamo in questo disco è la stessa attitudine con cui Sonic Youth, Pixies e Hüsker Dü realizzarono “Daydream Nation”, “Surfer Rosa” e “Warehouse: Songs and Stories”, a modo loro tutti concept-album, seppur di matrice squisitamente punk.

E’ inutile aggiungere che la "Chirurgia Telepatica" funziona a distanza di quattro lustri, e, apocalisse permettendo, nessuno potrà togliere questo disco dalla mia personale top-ten ma, soprattutto, nessuno potrà sanare le cicatrici che ha aperto definitivamente nella mia e in chissà quante altre anime di freakout. Raccomandatissimo.

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