Ascoltando la pulsante batteria di Tullio De Piscopo che ci introduce in "Chillo è nu buono guaglione" all'ascoltatore si impone una scelta immediata, godersi questo capolavoro dell'artista napoletano, rispettandolo nella sua integrità e rinunciando a contestualizzarlo rispetto alla produzione più recente, rinunciando, quindi, alla ricerca di risposte alla più ardua tra le domande dei suoi (ex?)fans: perchè Pino non c'è più?

Forse per la disgregazione dell'ensemble di talenti partenopei che hanno forgiato i suoi lavori migliori? Per naturale decadimento creativo e fisico?... chissà, ognuno può farsi la propria idea, però senza dimenticarsi di ringraziare "l'uomo in blues" per quegli strepitosi anni in cui quel mix di slang americano, dialetto napoletano unito a fantastiche melodie lo avvicinavano ai più grandi classici napoletani.

"Sciò" celebra in maniera compiuta il periodo aureo della sua carriera, in cui questa alchimia unica di suoni e di influenze produce una scaletta live micidiale dove i pezzi, rivisitati con arrangiamenti differenti rispetto alle versioni studio, vivono davvero di una nuova, straordinaria, vita. Ed ecco che "Viento 'e terra" inventa formidabili alternanze tra i fiati del duo Nocella/Torres e il moog di Joe Amoruso, "Vivo come te" con una "voce" d'autore come quella del sax del compianto Bob Berg, si esalta nella sua già sconvolgente bellezza estetica e "Tutta n'ata storia" tra i rimbalzi del basso funk di Rino Zurzolo e i suoni di vetro di Joe Amoruso, esprime un groove irresistibile che trascina il pubblico verso un entusiastico duetto finale con Pino.

Gli ospiti di questo disco, nota di assoluto prestigio, non si limitano a semplici passerelle ma "suonano", coinvolti in quel meraviglioso "laboratorio musicale" formato dal clan dei napoletani Amoruso, Zurzolo, De Piscopo, ispirati architetti del Daniele-sound, trasformando, ad esempio, una acerba "Chi tene 'o mare" in una ballad intensa e struggente con il sax di Gato Barbieri. Magari viene da pensare all'anonimato di certe partecipazioni, come guest stars superpagate, tipo George Benson o Chick Corea, che la ricca produzione attuale di Pino dispensa senza, però, risollevare la sorte di composizioni poco ispirate. Ma questo "Sciò" non è solo un carosello di talentuosi ospiti, poichè tutto è, infatti, funzionale alla vibrante ed intensa presenza di Pino Daniele come front man: che sia il blues man arrochito di "Tarumbò" o il quieto e malinconico cantore della sua "Napul'è", chi conduce lo show è un artista nel pieno della sua maturità ed energia, oltretutto generoso anche nella sua performance chitarristica.

Insomma "Sciò" è un disco da ascoltare per intero, centellinando le note di classe dei suoi solisti, assaporando la magia delle atmosfere mediterranee improvvisamente sferzate da una fusion di classe e seguendo la poesia di liriche sospese tra Napoli e Marrakech, ma senza dimenticare di perdonare Pino per la colpa, se colpa è, di non essere più, ciò che è stato.

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