Dopo la storica reunion (con relativo nuovo album) dei My Bloody Valentine, ne arriva un’altra molto attesa in ambito shoegaze/dream pop: quella degli Slowdive di Rachel Goswell.

Registrato in cinque diversi studi di registrazione britannici, il nuovo album eponimo arriva a ben 22 anni dall’ultima prova in studio (affatto fondamentale), Pygmalion del 1995, ed è in qualche modo la naturale prosecuzione del discorso interrotto ormai più di due decadi fa.

Composto da otto brani e anticipato da due ottimi singoli (l’elettrica “Star Roving” e la più melodica “Sugar For The Pill”, entrambe davvero ispirate), “Slowdive” non sposta di molto le coordinate sonore della storica band britannica, che si muove tra shoegaze e dream pop con una ormai navigata sicurezza sorretta da una buona vena compositiva.

I suoni sono sempre assolutamente impeccabili, ottimo esempio in tal senso l’iniziale “Slomo” (molto cinematografica nel suo andamento epico e di ampio respiro) e la conclusiva “Falling Ashes” (più eterea e sognante).

Nel mezzo, oltre ai due singoli già citati, troviamo “Don’t Know Why”, che come punto di forza mostra una vibrante atmosfera elettrica (in tal senso segue “Star Roving”) e delizia tra continui saliscendi e momenti di quiete, e la bellissima “Everyone Knows”, assolutamente la miglior prestazione vocale nel disco della Goswell, che impreziosisce un brano dall’atmosfera nebbiosa e delicata. Della stessa pasta le successive “No Longer Making Time” e “Go Get It”.

“Slowdive” è in definitiva un buon disco: non propone nulla di nuovo o fresco (e ovviamente non era quello l’intento), aggiunge un discreto tassello all’ormai claudicante corrente shoegaze e riporta in prima fila una band che probabilmente ha raccolto (e forse anche prodotto) meno di quello che poteva realmente fare.

In ogni caso, un ritorno più che discreto, aspettando le prossime mosse di Goswell e compagni.

Miglior brano: Everyone Knows

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