Gli Stone Temple Pilots sono ormai esperti in nuovi inizi.

Band ormai storica, e a questo punto evidentemente dotata di uno spirito di sopravvivenza notevole, ripartono dopo l’incredibile, doppia dipartita ormai ben nota; la morte dello storico frontman Scott Weiland, e addirittura il suicidio del suo rimpiazzo temporaneo (giusto il tempo di un ep) Chester Bennington, per i pochissimi che non lo conoscessero ex frontman dei Linkin Park.

I fratelli De Leo si sono rimboccati di nuovo le maniche, reclutando il frontman della band nu metal Dry Cell (nonché ex concorrente di X-Factor) Jeff Gutt, e licenziando nel novembre scorso il singolo “Meadow”, per presentarlo al mondo. Mossa azzeccatissima; “Meadow” è un pezzo strepitoso, incredibilmente in perfetto equlibrio tra radiofonicità ed incisività, e Gutt si è rivelato una scelta assolutamente azzeccata, riuscendo a rievocare in pieno lo stile di Weiland (non ce ne voglia Bennigton, ma qui l’eredità pesante è quella del povero Scott) senza scimmiottarlo fastidiosamente.

Da lì al nuovo album, battezzato simbolicamente proprio “Stone Temple Pilots” (nonostante l’ultimo lavoro in studio, ormai vecchio di otto anni, portasse lo stesso titolo), il passo è stato breve. Pubblicato via Atlantic e prodotto dagli stessi fratelli De Leo, si tratta di un lavoro in perfetto stile STP; un disco in bilico tra classic rock, grunge e fascinazioni southern ispirato, compatto e con pochissime concessioni al riempitivo per far numero.

Dodici pezzi che mettono in mostra una band in buona forma e che si ripropone a livelli più che discreti, a partire da “Middle Of Nowhere” che dà fuoco alle polveri con grinta e buone idee. Detto dell’ottima “Meadow”, l’album convince sia quando la band spinge sull’aceleratore, come in “Guilty” e nel secondo singolo (anch’esso convincente) “Roll Me Under”, entrambe ben arricchite da fascinazioni southern rock, sia quando la velocità rallenta e ne escono fuori dei discreti brani d’atmosfera. Fanno parte dell’ultima categoria la bella “Thought She'd Be Mine”, ballad distesa nella vena di “Resolve” dei Foo Fighters, e il terzo singolo “The Art Of Letting Go”, ove Gutt cambia sorprendentemente registro e ci regala un refrain a voce aperta e caratterizzato da influenze marcatamente seventies.

Il grunge prettamente STP del nuovo singolo “Never Enough” e di “Good Shoes” accontenta i fan della prima ora, il rock blues di “Just A Little Lie” cerca nuove vie senza tradire quelle vecchie.

Un buon punto di ripartenza per gli STP, l’ennesima prova di coraggio per una band che rifiuta di arrendersi.

Traccia migliore: Meadow

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