El sol y la luna, il bianco e il nero, il giorno e la notte, l'Inter e il bel calcio, il Canada e il Medioriente, i Suuns and Jerusalem In My Heart.

A quasi un anno di distanza dalla pubblicazione (Maggio 2015) vale la pena riprendere e approfondire un album "diverso" dal solito. Due mondi apparamentemente opposti, quali il rock-elettronico-ipnotico dei canadesi Suuns e l'elettronica-dronica-etnica-fica del libanese Radwan Ghazi Moumneh, si fondono in un'opera molto compatta e suggestiva che regala alla nostra attività cerebrale un bel viaggetto mistico around the world.

Se "2amoutu 17tirakan" è una classica cavalcata psichedelica fra paesaggi cosmici forse già visti, in "Seif" gli echi mediorientali tanto cari a JIMH liberano i muezzin sui loro minareti in danze sfrenate su basi elettroniche di sottofondo. Il singolone (si fa per dire) "In Touch" ci riporta alla dimensione Suuns di beat ossessivi e loop ipnotici, idea portata all'esasperazione nella magnifica "3attam Babey" che alterna vortici infiniti di droni e chitarre dal vago sapore radioheadiano e pinkfloydiano a nenie arabe rilassanti e sognanti. Se in "Metal" emerge con prepotenza la chitarra sferragliante e la batteria incalzante dei Suuns, in "Leyla" le atmosfere romantiche libanesi si liberano in una preghiera laica accompagnata da una chitarra acustica.

Per chi ama il rischio e il crossover musicale, per chi mastica l'elettronica e non disdegna la musica world-etnica, per gli amanti della psichedelia futurista dei Suuns o per giovani asceti di belle (?!?) speranze. Un lavoro che "sballa" nel panorama odierno, un album che lascia spazio all'immaginazione, due universi paralleli che si attraggono liberando un'armonia trascinante e inattesa.

Suuns and Jerusalem In My Heart, non per tutti ma perfetto per qualcuno.

Cordialmente, il vostro "qualcuno"...

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