Erano gli anni in cui gruppi come Beatles e Rolling Stones si affacciavano sul mondo della celebrità.

Erano gli anni in cui la grande contestazione prendeva corpo e alla violenza crescente nella società si cominciava a contrapporre un movimento basato sulla pace e l'amore. È in un giorno di questi anni che sulla spiaggia di Venice in California un ragazzo di nome James Douglas Morrison (1943 - c'è chi dice 1971) incontra un suo vecchio amico di nome Raymond Daniel Manzarek: nascono i Doors. Un gruppo anomalo nell'atmosfera musicale e sociale di quel periodo, fuori dalle coordinate pop, ma anche da quelle hippy.

William Blake, poeta oscuro del fine ‘7oo, scrisse: "esiste il noto ed esiste l'ignoto, in mezzo ci sono le porte". Erano le porte della percezione, quelle che divennero per Jim Morrison un ostacolo alla sua realizzazione: l'ossessivo tentativo di superarle e fare breccia nella parte sconosciuta cambiò la sua vita.

"Break on through to the other side!"

Quelle porte erano i Doors, un limite raggiunto il quale nessuno sarebbe tornato indietro. "No one here gets out alive" cantava Jim Morrison nella sua "Five To One". Ray Manzarek, ottimo tastierista e compositore di spiccata bravura; Robbie Krieger, chitarrista capace di coagulare i vari generi esplorati dalla band; John Densmore, batterista creatore di atmosfere tetre e dal ritmo convulso; Jim Morrison, cantante, bluesman edonista, poeta decadentista, frontman dall'incredibile potere mediatico, sconvolgente e trascinante personaggio, attratto da ciò che è nascosto nell'ignoto… sciamano… RE LUCERTOLA

"I'm the lizard king, I can do anything" sussurrava sommesso Jim in "Celebration Of The Lizard" e in "Not To Touch The Earth". La poesia di Jim è portata in braccio fino all'immortalità dalle note che sono un esplosione di contratte sinfonie tra rock, blues, jazz, psichedelia e pop anni '60 che danno vita a vere e proprie Opere rese eterne dalle teatrali esibizioni live.

I DISCHI

The Doors, 1967

  1. BREAK ON THROUGH (TO THE OTHER SIDE)
  2. SOUL KITCHEN
  3. THE CRYSTAL SHIP
  4. TWENTIETH CENTURY FOX
  5. ALABAMA SONG (cover K. Weill e B. Brecht)
  6. LIGHT MY FIRE
  7. BACKDOOR MAN (cover W. Dixon e C. Barnett)
  8. I LOOKED AT YOU
  9. END OF THE NIGHT
  10. TAKE IT AS IT COMES
  11. THE END

Album d'esordio preceduto da due singoli (Break on through e Light my fire), è senza dubbio il disco che più evidenzia lo stile musicale descritto.

Irrompe nelle orecchie per trascinare senza indugi l'anima nell'onirica atmosfera ottenuta con lo scopo di superare le porte dei sensi che separano dall'ignoto. La batteria introduce il basso (suonato da Manzarek con una tastiera Fender), successivamente la chitarra emette un riff per accodarsi a questo e la voce di Jim, rauca e dai toni blues, dà il via a Break on through: inizia il viaggio. Gli intenti di Morrison sono chiaramente espressi nel testo che incita a lasciarsi andare e a superare le porte della percezione urlando di fare "breccia dall'altra parte". Il trainante ritmo blueseggiante della tastiera non dà il tempo di riprendersi dall'epilettica conclusione della prima traccia: Soul kitchen nuota lentamente nei sinuosi slide di chitarra. La preghiera del ritornello interrompe la ritmica quasi statica della strofa, ed ecco che dopo un urlo morrisoniano Krieger forgia un intraprendente assolo. Nell'immacolata "Chrystal ship" la voce piena proveniente dai bassi toni toccati da Morrison si lascia accompagnare da un piano sontuoso che raggiunge il suo culmine con un assolo che incanta e commuove: la poesia velata da preghiere e speranze d'amore si scioglie nelll'immancabile filosofia edonista. "Twentieth Century Fox" (sventola del XX secolo) propone un ritmo vigoroso ed esuberante dietro a cui si nasconde una critica alla Los Angeles hollywoodiana paragonata da Jim ad una donna di plastica.

L'espressione profondamente decadente che sa esprimere Jim Morrison si realizza completamente in Alabama Song, brano scritto da Brecht e Weill per l'opera teatrale "Ascesa e caduta della città di Mahagonny": una denuncia alla degenerata società capitalista. Il forzato pessimismo di Alabama Song è incalzato dall'improvvisa esplosione dell'organo, trascinanate strumento che conduce Light My Fire nella testa dell'ascoltatore per poi impedirgli di dimenticarla: questo è il motivo del successo del brano scritto da Krieger che ha aperto la musica dei Doors anche ad un pubblico di massa. Infatti la musica dei Doors dà un saggio del proprio contenuto che riesce esemplarmente a miscelare lunghi assoli senza mai annoiare. Il testo di "Light My Fire" non esplora l'universo filosofico di Morrison, perché Krieger affronta l'esistenzialismo con meno enfasi e maggior spensieratezza.

La seconda canzone non originale dei Doors è la seguente "Back Door Man", musicalmente ed espressivamente potente, nella quale Jim può sentirsi libero di urlare le sue grida primitive e provocatorie. I Looked At You è la canzone meno rilevante dell'album caratterizzata da un'anima pop e da un testo privo di alcuna pretesa (cosa inusuale per Morrison). Arcana atmosfera, calano le luci e il misterioso incubo della fine della notte (End Of The Night) si sviluppa come una ninna nanna senza speranza dove la chitarra e la tastiera esortano languidamente ad abbandonare l'illusione, la voce di Jim sembra contenere mille altre voci sussurranti che incoraggiano l'ascoltatore a prendere l'autostrada per non restare sommerso dalla notte infinita. Il fatalismo di "Take It As It Comes" è giustificato dalla radicata cultura Zen che influenza Manzarek, Densmore e Krieger, infatti i tre erano frequentatori di corsi Yoga a base di acido molto in voga negli anni '60: "prendilo (il tempo) con spensieratezza, prendilo come viene. Non muoverti troppo, troppo in fretta se vuoi che il tuo amore duri". Questo brano di basso spicco separa l'ascoltatore da La Fine… The End.

Dimenticate ogni suono, fruscio o sinfonia che le vostre orecchie abbiano mai udito: ha inizio l'agonia. Undici minuti che separano dalla fine dell'amore o della vita stessa, undici minuti per dire tra sussurri e grida ciò che è stato, undici minuti per esprimere la follia che accompagna la fine, undici minuti prima che il sipario si chiuda e tutto diventi una canzone indimenticabile. Il dialogo personale di James Douglas Morrison con la sua unica amica è il ritratto della solitudine al cospetto della Fine di tutto (potete chiamarla morte… potete chiamarla come volete). Il dolore di ritrovarsi in un luogo deserto e di soffrire da solo sfocia nel delirio nascosto nel subconscio che si libera senza possibilità di trattenerlo. La pazzia raggiunge l'apice toccando il tema edipico (colui che uccise il padre e sposò la madre) e andando a morire in un lunghissimo momento di convulsa confusione strumentale, nella quale Jim sa integrarsi come protagonista rendendolo quasi armonico. La follia del tentativo di resistere alla Fine si placa, come se la sofferenza lasciasse spazio alla rassegnazione e la Fine compisse senza pietà il suo compito.

 

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