Il pop-rock psichedelico di "How Soon Is Now" sublimato in un elenco impressionante di gemme. I due incredibili dischi d'esordio di questo gruppo, attivo nella seconda parte degli anni '80 e oggi completamente obliato, hanno lo stesso nome (un Self-titled appunto) e costituiscono, oltre a un flusso pressochè ininterrotto per quanto riguarda il loro iter artistico, un manifesto che unisce tre tra le realtà più importanti della loro epoca: lo scampanellio dimesso e il mood dei loro maestri, gli Smiths; la psichedelia geniale dei Jesus and Mary Chain; il suono patinato (in senso buono) e dreamy della 4AD, non quella di DCD ma piuttosto di Cocteau Twins.

Sono tuttavia gli Smiths che saltano all'orecchio al primo ascolto, dato che le chitarre di Guy Chadwick (anche voce) e Terry Bickers seguono smaccatamente i solchi di Johnny Marr. La voce non ha la potenza di un Morrissey certamente, ma rimane comunque gradevolissima nel suo salmodiare fatalista. Semmai le differenze con il gruppo Macuniano stanno nel fatto che gli House of Love hanno assecondato maggiormente la loro vena psichedelica, ed è questo che li rende affini a J&MC o Echo and the Bunnymen (anch'essi tristemente dimenticati) .

Gli House of Love devono il loro exploit commerciale (top ten inglese) al singolo "Shine On", uno dei veri inni della decade, al pari di "Love like blood" e "Sunday Bloody Sunday". Se qua da noi in Italia non attecchì più di tanto, in Inghilterra a tutt'oggi è un must per una qualsivoglia raccolta concernente quel periodo. Effettivamente è un pezzo straordinario. I rintocchi di chitarra iniziali sono disperati ed epici come quelli di Edge-vecchio stampo, il ritmo è sostenuto e il testo, cantato in maniera incredibilmente emotiva, toccante ai limiti del parossismo.

Se "Shine On" rappresentò il loro Zenith commerciale, d'altro canto condannò altre gemme di parimenti bellezza a uno sguardo più superficiale da parte del grande pubblico, e destinò il gruppo a un rapido declino poichè le vendite rappresentarono presto un problema e la crisi interna al gruppo (acuita dal pesante abuso di droghe dei componenti) fece implodere il progetto dopo 4 anni, in mezzo all'indifferenza generale.

Fu un vero peccato poichè come ripeto il materiale era di ottima qualità. "Christine", una delle loro vette psichedeliche, sembra la bella copia di ciò che suonano oggi i The Killers, una dolce nenia iniziale disturbata da un battito metronomico in stile 4AD che si insinua dopo un minuto scarso, con annesso cantato soave contrappuntato da cori. Lo strumento principe degli House of Love è evidentemente la chitarra, e sebbene canzoni come "Hope" e "Man to a Child" accantonano un momento i vari flanger mostrando anche una raffinata anima acustica, brani come "Salomè" sono galoppate furiose alla "Radio Free Europe" con eccezionali jingle-jangle. Un vago sapore di "onirica" frontiera caratterizza a mio avviso "Happy", uno dei vertici, mentre "Real Animal" è semplicemente un altro pezzo stupendo, con il suo ritmo ferroviario e il chitarrismo singhiozzante che sfocia in un assolo quasi Sonic Youth (Kissability) .

"Nothing to Me" è una ballata trasognata e malinconica, "Welt" con i suoi cori mersey e la sua chitarra distorta un esperimento riuscitissimo. Il rock bucolico dei R.E.M. ritorna con "On The Hill" e l'ultimo capolavoro da menzionare è "Destroy the Heart", che porta gli House of Love sull'olimpo del Pop-Rock Psichedelico con una melodia che definire trascinante è poco, costellata com'è di continue trovate chitarristiche e da una sezione ritmica vigorosa.

Gruppo assolutamente da recuperare per i cultori della raffinata arte degli Smiths così come per chi apprezza la brillante sgangheratezza di un certo Pop Psichedelico inglese di marca 80s, gli House of Love furono certosini cesellatori di melodie cristalline sporcate qua e là da elementi dal nascente movimento shoegaze. L'esplosione della seconda generazione Hippie a Madchester li avrebbe seppelliti insieme a tutti i loro arpeggi celestiali, ma, curiosamente, furono anche loro in una certa maniera ad influenzare quel genere (quello trip-hop, con tutte le sue varianti) fortemente psichedelico, rispolverando intuizioni anni '60 ed ampliando quanto creato da Marr e Morrissey con "How Soon is Now".

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