Tim Warren, titolare della Crypt Records, deve essere un personaggio fantastico. O perlomeno non di questo mondo. Autentico etnomusicologo moderno, ricercatore ed archivista oltre che produttore, è a lui che dobbiamo le preziosissime raccolte "Back From The Grave" e "Teenage Shutdown"; incommensurabili lavori di recupero della miriade di teen-bands esplose in America tra il '64 ed il '66 e depositarie del verbo ROCK-PUNK-GARAGE, prima che gli onanismi leziosi del "progressive rock" e l’ondata di pop-psichedelico della Summer Of Love con il suo carico di merda decretassero la morte del Rock'n'Roll! È dunque molto difficile che un tipo così sbagli il colpo – della Crypt potreste comprare l'intero catalogo a scatola chiusa, credetemi! - e questo album d’esordio dei Little Killers non fa che confermare – superandole! - tutte le previsioni sul caso.

Un ragazzo e due ragazze si conoscono in un bar di New York, parlano di musica partendo da lontano, dall'r&b anni '50 del Johnny Burnette Trio all'attitudine di un certo punk (quello più sporco: dai Real Kids ai Pagans via Germs) concludendo così di mettere in piedi al più presto una band insieme. Passano un anno in giro a suonare per i locali della città, poi prendono uno scalcinato 4-piste e sul lato A di una C-60 registrano quel che sanno. Una cassetta da far sentire agli amici. Una copia di quel nastro finisce nei negozi di dischi sulla Second Avenue. Tim Warren - in giro per lo shopping natalizio nei negozi di usato - capita di lì e lo ascolta, rimanendone folgorato. Quel che c'era sulla C-60 viene ritoccato ed esce per la Crypt pochi mesi dopo. Ed è una vera bomba: rozzo e sguaiato, con canzoni incendiarie da tre minuti ciascuna che ti fanno saltare il culo sulla sedia al primo ascolto! Lo spirito ed il sound del punk, sopra le strutture primitive del rock'n'roll sguaiato alla Chuck Berry. Un cantato neghittoso e trascinato, continuamente alimentato da un abbandono selvaggio al groove, dietro chitarre sature di elettricità che macinano gli accordi essenziali.

Un disco assolutamente esaltante che riattualizza tutte le esperienze più "calde" del r'n'r, distillando quel suono ruvido e stridente dei primi New York Dolls, l’ispessimento dei timbri chitarristici degli Heartbreakers ed il groviglio furente dei Saints, in ventisette minuti di bruciante calore bianco, accecante e perfetto, avvinghiato com'è intorno a tre corde (tre!) di una Telecaster! Indispensabile modernariato.

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