Premessa number one: ogni volta che mi imbatto in fuoriusciti dalla scena di Boston, il pensiero corre immediatamente all'anno di grazia 1985, quando i Del Fuegos (qualcuno se li ricorda ancora?) licenziarono il loro ottimo secondo lp, titolandolo proprio "Boston, Mass." in onore di una delle capitali "minori" del rock'n'roll a stelle e strisce, che diede i natali a gruppi imprescindibili quali Modern Lovers, DMZ e per l'appunto Real Kids: se anni fa comprai questo disco ed ora lo sto proponendo a voi, care DeBaseriane e cari DeBaseriani, gran parte del merito (o della colpa, a seconda dei punti di vista) è da ascrivere proprio ai vecchi, amatissimi Del Fuegos.

Premessa number two: questo, più che GAZ, è un disco GA, non molto zozzone ma sicuramente garage, nel senso che i Real Kids a suonare in una cantina, mischiando rock'n'roll, beat e punk a rotta di collo, ce li vedo benissimo. Basta guardarli in faccia, i paisà John Felice (sodale di Jonathan Richman nel primo nucleo dei Modern Lovers), Billy Borgioli, Alan "Alpo" Paulino e Howard Ferguson, per rendersi conto che non sarebbero mai finiti a suonare davanti a folle oceaniche, ma al massimo in un locale sudicio e scassato tipo CBGB's.

Uscito nel fatidico 1977, "The Real Kids" può indubbiamente essere considerato un disco punk nei suoni e nell'attitudine, ma l'ideologia è radicalmente contraria allo sloganistico «No Elvis, Beatles or The Rolling Stones» di clashiana memoria. Difatti, più che gli esordi di Strummer e soci, il termine di paragone ideale per questo disco risiede in "London Calling", in particolare in brani come «Brand New Cadillac» o «Death Or Glory».

I Real Kids, infatti, erano saldamente ancorati ai tradizionali stilemi del rock'n'roll delle origini e non ci pensavano lontanamente a rinnegarle o, peggio, distruggerle. Anzi, è fin troppo facile individuare la loro massima fonte di ispirazione in artisti del calibro di Eddie Cochran e Buddy Holly (splendide, al riguardo, le loro versioni di «My Way» e «Rave On»). Poi, che il tutto fosse rielaborato tenendo bene a mente la lezione degli amici Ramones, questo è un altro discorso.

E siccome agli appassionati del rock'n'roll anni Cinquanta non possono dispiacere Joey, Johnny, Dee Dee e Tommy, a loro in primis (e a tutti gli adepti GAZ in secundis) consiglio di procurarsi questo disco, possibilmente nell'edizione in vinile: sarebbe più vintage e cool, come direbbero i fighetti, ma soprattutto vi permetterebbe di godere al meglio della splendida copertina in puro stile-Ramones, non per niente opera di Robertina Bailey.

Chiunque ami quel genere di suoni, non potrà resistere ai dodici brani compresi in questo disco, a partire dall'iniziale «All Kindsa Girls» (il più famoso), straordinario esempio di power-pop ante litteram, impreziosito da un riff ed un ritornello da perderci la testa; fino al conclusivo «Reggae Reggae», questo sì veramente e puramente punk (nonostante il titolo), per di più tirato allo spasimo per oltre cinque minuti: un brano davvero fenomenale, a metà strada tra «1970» degli Stooges e «Jet Boy» dei New York Dolls.

In verità, una menzione la meriterebbero tutti quanti i brani presenti nel disco, ma mi limito ai più clamorosi: oltre alla già citata cover «Rave On», non si può assolutamente tacere di «Better Be Good», delizioso mid-tempo beat con tanto di stravolgimento finale anfetaminico; o di «Just Like Darts», il brano più sorprendente del lotto, puro distillato di Velvet Underground (e no, per quanto possa sembrare incredibile, a picchiare sui tamburi non c'è Moe Tucker); o ancora «She's Alright» e «My Baby's Book», nient'altro che apoteosi fifties, ideale per uno scatenato pogo-party ... E qui mi fermo per non incorrere nelle ire dei detrattori del track by track, della cui pazienza spero di non aver abusato.

E comunque, è vero che non hanno inventato nulla, i Real Kids, e quindi per alcuni potrebbero risultare un gruppo superfluo, ma se il superfluo è bello e divertente come questo disco...

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