Mi spingo in un genere che non maneggio abitualmente, ma che al mio primo ascolto (2012) mi ha folgorato.

Breve introduzione. Mi trovavo a Horsens, Danimarca, per motivi che non starò a spiegare, ma giuro fossero legali, e durante un’escursione a Billund, la patria del LEGO, mi attraggono “cartelloni” che mi incitavano ad andare al concerto serale a Legoland. Come dire di no ad un Lego animato che ti parla in una lingua che non conosci in un video wall?

Anche perché devo confessare che, se la Svezia è stato riconosciuto come una delle nazioni con il numero di suicidi più alto dell’ultimo triennio, ecco, la Danimarca d’inverno non è molto più in là, né logisticamente, né come opportunità d’intrattenimento, quindi piuttosto che andare a fare da compost nelle terre danesi, ho deciso di andare al suddetto evento.

Niente di eccezionale se non per una band di folktronica o indietronica chiamata “Wintergatan”.

Al primo ascolto potreste sentire le vibrazioni di Olivia Newton-John quando canta innamorata di “Danny Zuko” o, viceversa, pensare di essere nell’inferno dantesco con i simoniaci a testa in giù.

Io mi sono sentito più “bionda”.

Il loro primo e per ora unico album omonimo ha tanti pezzi divertenti e più che discretamente suonati, ma ha soprattutto una chiusura sbalorditiva (specialmente sentita live!): “Paradis”, ovvero 14’10” in cui entri realisticamente in un paesaggio multiforme e paradisiaco. Piccolo capolavoro.

“Sommerfågel", altresì detta “uccello d’estate” è una introduzione al genere che potrebbe essere tranquillamente riutilizzata per “Bubble Bubble 2018” in sala giochi, in “The Rocket”, “Slottskogen Disc Golf Club” o “Biking is Better” potresti essere tranquillamente a bere Glögg con un robot-vikingo in una balera post-futurista, mentre in “Starmachine2000” c’è tutto il pop sperimentale della band di Göteborg.

L’album realizzato da Martin Molin (vibrafono, xilofono, fisarmonica, theremin, pianoforte, violino, chitarra, basso, melodica e altri strumenti da lui inventati e costruiti come modulin, marble machine, music box), ex-membro dei “Detektivbyrån”, Evelina Hägglund (tastiere, arpa, vibrafono, chitarra, theremin, macchina da scrivere), David Zandén (basso, chitarra baritona, metallofono) e Marcus Sjöberg (batteria, macchina da scrivere, drum machine, launchpad), anch’egli ex-Detektivbyrån, ti porta in un mondo molto vicino a quello del gaming.

Se ne rimani affascinato, come è capitato a me, e devo ammettere non so se per fortuna o purtroppo, trovi riferimenti in “Équinoxe” di Jean-Michel Jarre o in “Neo Geo” Ryūichi Sakamoto, ma con sonorità proprie, che molto hanno a che vedere con il tessuto musicale-culturale nordico. Nenie folk disegnate da strumenti elettronici, spinte di drum & bass che ricalcano e rincorrono pertugi rock ed il vibrafono come collante per tutto il percorso musicale di “Wintergatan” sono gli elementi che contraddistinguono l’opera.

In pochi minuti, anche nello stesso brano, puoi passare dal sentirti coinvolto in “Blade Runner” con il maestro Vangelis, per poi risvegliarti al centro di uno stormo di sudici urlanti a Tomorrowland e rimanere stordito “per l’effetto che fa”.

Da ballare, da contemplare, da divertirsi.

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