Per chi ama le jam psichedeliche, i lunghi droni mantrici e i celestiali riverberi delle tastiere, gli Yume Bitsu, da Portland, hanno confezionato il lavoro giusto.
Questo gruppo americano ha pietrificato con l' album omonimo ( il secondo, risalente al '99 ) tutte le esperienze dello shoegazing inglese, unendole con le visioni elettroniche più luminose.
La loro potrebbe essere definita quasi musica ambient per chitarre. Le protagoniste indiscusse sono loro infatti, che stratificando il suono su più livelli sonori, aiutate dall' elettronica, dipingono scenari davvero emozionanti, splendenti come l' esplosione di una cometa. Le loro escursioni non rimandano ai vortici raggelanti e siderali della musica cosmica, gli spazi sono sempre sconfinati ma questa volta invasi da una luce purissima, che cresce di intensità alimentata dai tintinni delle tastiere ma soprattutto dalle meravigliose corse ascensionali delle chitarre, che si rincorrono per tutto il disco, in un' armonia difficilmente riscontrabile in lavori di questo genere. Il ritmo prende corpo pian piano, con un incedere a volte anemico, a volte pulsante, perfetta tavolozza sulla quale spruzzare colori cristallini di note brillanti come pietre preziose.
Le tracce sono 6, tutte molto dilatate (non si scende sotto i 6 minuti di lunghezza). Il capolavoro è senza dubbio l'ultima, la più lunga sin dal curioso titolo, The Frigid, Frigid, Frigid Body of Dr. T.J. Eckleberg", della durata di 18 minuti. Termina meravigliosamante il viaggio, tra scenari ipnotici e surreali, con qualche intervento fuori campo della voce, sempre discreta in tutto il lavoro, che ha il compito di fornire un ulteriore "piano di ascolto", facendo il verso al Waters più psichedelico.
Siamo al cospetto di un grande disco, che va ascoltato con attenzione, altrimenti rischierebbe di risultare noioso, non per suo demerito ma per il messaggio che contiene. Ascoltato come si deve ripaga appieno del tempo dedicatogli.
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