Far convivere la dolcezza più profonda con l'aggressività più istintiva dell'animo umano. Unire in un solo disco commoventi ugole liriche a violenti ruggiti in growl, senza essere "fuori luogo", quasi dando l'impressione che la canzone non poteva essere scritta in modo diverso. È questa l'ardua impresa che hanno tentato molte band, con più o meno successo. E i tedeschi Lacrimas Profundere, con questo album pubblicato nel 2004, ci sono riusciti alla grande. Sembra che questa band abbia attinto a piene mani dalla lezione data dai maestri del doom-gothic metal, gli Anathema, e dal loro sommo capolavoro, The Silent Enigma. E allo stesso tempo dal gothic più introspettivo e toccante, come quello dei Theatre of Tragedy di Aégis, senza per questo essere una banale copia di "cose già sentite". Il risultato è un lavoro che tocca le corde più profonde dell'anima, che le fa vibrare in un modo unico, in un modo che la maggior parte della musica moderna, con la sua piatte melodie "easy-listening", non può nemmeno immaginare. Memorandum è un lavoro che unisce al doom metal più cupo sonorità sublimi, dallo squisito sapore neo-romantico e tipicamente Anathema-like, e testi spiazzanti con la loro poetica e il loro gusto decadente. Credevo che The Silent Enigma fosse una vetta irraggiungibile nell'ambiente doom-gothic, ma questo Memorandum riesce a competere senza molti problemi.

L'iniziale "Infinity" sorprende subito, con il lento incedere della chitarra acustica, supportata subito dal resto della band, e con un cantato sussurrato, accennato appena, che ricorda il Vincent Cavanagh dei tempi d'oro. La successiva "Helplessness" è legata in modo indissolubile alla precedente, sostenuta da un ricco riff di chitarra e da un cantato ancora poco invadente in principio, che poi si libera, in un repentino cambio di tempo, in un furioso e spiazzante growl, per poi tornare ad essere melodico e romantico, e così via. La caratteristica principale dei Lacrimas Profundere è proprio quella di essere coerenti con l'anima doom-gothic della loro musica, senza per questo fossilizzarsi ai monotoni formalismi del genere doom. È una musica "dinamica", che trova sempre spunto per cambiare se stessa, per spiazzare l'ascoltatore, e portarlo in un viaggio unico e commovente nei recessi stessi dell'anima. È una caratteristica che solo i grandi riescono ad avere.

Ma l'autentica perla del cd è "Black Swans". Un brano che colpisce subito per la sua profondità, un brano che sa emozionare e arrivare dritto al cuore come pochi. Il growl di Schmidt sembra quasi recitare un testo uscito dalla penna del miglior poeta decadente, un growl che è addolcito dal toccante cantato lirico della voce femminile e dal pianoforte con l'orchestra sullo sfondo, che contribuiscono a tessere una commovente e malinconica melodia che delizia, ferisce e ammalia al tempo stesso.

È invece impossibile non pensare a quei gioielli che sono "The Silent Enigma" e "A Dying Wish" ascoltando la successiva "Reminescence", una canzone rappresentativa del metal romantico più cesellato e sublime. Ottima anche la successiva "The Crown Of Leaving", introdotta da una leggera melodia tessuta dall'arpa e dal caldo timbro del violoncello. A questa malinconica linea melodica subentrano poi le potenti chitarre death e una voce in scream da far invidia al miglior black metal, in uno dei momenti più aggressivi dell'intero disco. E di nuovo la furia black è arginata dall'eccellente prestazione lirica della voce femminile e dall'arpa che ritorna protagonista, mentre l'ugola lirica si ritrova poi a dialogare con il furioso scream di Schmidt, in un dialogo spiazzante e sublime al tempo stesso.

Il disco è poi chiusa dalla breve strumentale "The Fate Of Equilibrium", un brano che condensa, nelle note delle chitarre e dell'orchestra, l'intero spirito dell'opera. Un brano lento, malinconico e aggressivo al tempo stesso; un ossimoro in qualsiasi luogo tranne che in questo eccellente lavoro della band teutonica.

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