Chiunque si sia avvicinato alla musica di Dylan, anche se in modo superficiale, avrà sicuramente sentito parlare dei "Basement Tapes"; i leggendari nastri "della cantina" registrati tra la primavera e l'estate del 1967 nelle campagne nei pressi di Woodstock da Dylan e da quel gruppo di ragazzi talentuosi che prenderanno il nome di "The Band". Sono Robbie Robertson, Richard Manuel, Garth Hudson, Rick Danko e Levon Helm. Polistrumentisti, con alle spalle tanti anni di gavetta come band di supporto, hanno accompagnato Dylan durante lo storico tour del 65-66.

Siamo nel 1967. Dylan, in ritiro dalle parti di Woodstock, viene presto raggiunto da tutta la compagnia, che prende in affitto quel casolare che passerà alla storia con il nome di "Big Pink". E' proprio nello scantinato della grande casa rosa che il gruppo, capitanato da Dylan, si riunisce per suonare e per dar vita a quelle centinaia di registrazioni che passeranno alla storia. 

Giù nello scantinato di Big Pink, Garth Hudson montò un registratore a nastro a due piste con quattro microfoni collegati in stereo e a coppie, in modo che il suono passasse da un microfono all'altro. Era un impianto rudimentale, messo su alla buona, ma faceva la sua parte. Dylan e gli altri cominciarono a suonare insieme quasi ogni giorno, isolati da tutto e da tutti, in totale libertà, lontani da ogni contaminazione esterna. Registravano con le finestre aperte per far entrare l'aria primaverile, con un cane di nome Hamlet che gironzolava per lo studio o dormiva sul pavimento. I mesi passavano e il nastro girava, senza obblighi o costrizioni di mercato. Girava e basta.

I "Basemet Tapes" sono rudimentali, rozzi se vogliamo, ma hanno tutto il fascino e la purezza di quelle giornate primaverili. Un gruppo di amici che si ritrova quasi per caso a far musica, per ammazzare il tempo, per fare due risate. Questi sono i "Basement Tapes". 

Alcuni brani cominciarono a girare, tra i fan, grazie al primo "Bootleg" della storia: "The Great White Wonder" che raccoglieva vecchie rarità di Dylan e qualche canzone dello scantinato. Il primo "Bootleg" della storia era solo il primo di una lunga serie. Negli anni i dischi non autorizzati sembravano venir fuori dal nulla, spuntavano come funghi, e quelle registrazioni "amatoriali" divvennero presto una leggenda. 

Solo nel 1975 Dylan cercò di riprendere in mano la situazione, pubblicando i "Basement Tapes" ufficiali, che contenevano solo una piccolissima parte delle registrazioni. I brani, scelti e ritoccati da Robertson, furono una delusione per molti; la scelta delle canzoni, come se non bastasse, era discutibile. I "Basement Tapes" meritavano molto, molto di più. Ancora una volta, le pubblicazioni non ufficiali, hanno fatto un ottimo lavoro. 

Il materiale dello scantinato, in tutti questi anni, è stato pubblicato un' infinità di volte su innumerevoli Bootlegs. Tra tutti "A Tree With Roots", pubblicato nel 2001, è quello che preferisco. E' un cofanetto di 4 dischi che contiene la bellezza di 128 brani. La qualità è sbalorditiva e supera di gran lunga tutte le pubblicazioni precedenti. Le registrazioni originali sono state finalmente ripulite e vengono presentate in modo più organizzato e logico rispetto al precente "The Genuine Basement Tapes" del 1990 che, con i suoi 5 dischi, può risultare più completo, ma non così fedele per quanto riguarda la qualità del suono.

La musica che si può ascoltare in questi 4 dischi sembra sfuggire a qualsiasi classificazione. Sono momenti fuori dal tempo, momenti inclassificabili. Fuori il mondo del rock si proiettava nel futuro, vivendo una stagione di irripetibili fermenti creativi. Dentro quella cantina invece, Dylan rileggeva la tradizione musicale americana in modo del tutto nuovo.

I brani si muovono con un andatura tutta loro. A volte incredibilmente ironici, a volte meravigliosamente profetici, si muovono cullati dai fiumi melmosi che la band riesce a creare. L'organo di Hudson appare e scompare in continuazione e si fa strada tra quei suoni densi e irripetibili. Tutti i componenti della band suonano meravigliosamente e seguono l'andamento meravigliosamente incerto della chitarra di Dylan su cui i brani sono costruiti. Come se non bastasse, il modo in cui Dylan canta in questo periodo è assolutamente unico in tutta la storia della musica. Spesso infatti, sembra narrare, con un tono e un suono incredibilmente innovativo. Oltre alle nuove canzoni di Dylan (destinate a diventare dei classici) ci sono molti brani tradizionali che vengono riportati in vita in modo del tutto personale e che convivono perfettamente insieme ai capolavori di Dylan.

Ho deciso di non soffermarmi su nessun brano, perchè altrimenti avrei dovuto menzionarli tutti. Tra questi 128 brani c'è veramente di tutto. E' un mondo tutto da esplorare; frutto di uno dei periodi più irripetibili e rivoluzionari di tutta la storia della musica. 

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