Niente gli interessava di quello che gli stava accadendo intorno in quella sera di festa: non i fuochi d'artificio che tanto stupivano i villani, non i tanti odori che la gente, accaldata e addossata alle mura, emetteva inconsciamente ed in maniera per loro invisibile... Profumi questi che aveva già immagazzinato a suo tempo, che riconosceva ormai in maniera automatica e che lasciava passare senza ormai carpirne più l'essenza.

D'improvviso una folata di vento portò con sé qualcosa di nuovo, di inaspettato, che lo scosse da quel suo torpore apatico. La zecca si era ridestata, aveva fiutato un animale avvicinarsi e si stava preparando ad attaccarsi al suo pelo, per poi scavarne la pelle e rubare la sanguigna essenza. Un profumo mai sentito prima, una combinazione delle più rare essenze che aveva assaporato nella sua breve vita, lo trascinò via dall'ombra agganciandolo per le narici e trasportandolo giù per vicoli bui, tra ubriachi, prostitute, sporcizia e miasmi pestilenziali, e lo ritirò su in superficie, verso una strada spaziosa e deserta. Lì riaprì gli occhi, che fino a quel momento erano stati chiusi così da consentire al naso di lavorare al meglio, e vide una fioca luce rischiarare una finestra di una catapecchia affossata tra scuri palazzi. Silenzioso, impercettibile come la natura lo aveva creato, si avvicinò alla finestra, girò intorno all'abitazione, trovò una porta aperta e vi entrò.

Davanti a sé aveva una ragazza, una bellissima creatura poco meno che quindicenne, rossa nei capelli e nelle lentiggini che punteggiavano un viso dal colorito latteo, una povera mercante che stava espletando le sue mansioni giornaliere, la pulitura di alcune mele. Si avvicinò alle spalle della fanciulla, che non lo percepì arrivare: nessuno mai lo sentiva arrivare, non per l'odore, che non aveva, non per il suono dei passi che non emetteva, le persone se lo trovavano d'improvviso accanto e trasalivano, e in generale non si sentivano a suo agio con lui. Era quasi come avere accanto la nera morte, che ti scruta fredda e non proferisce parola. Era ormai in piedi sopra la ragazza, iniziò ad annusarla, ad inspirare la fragranza fino ad allora sconosciuta, e gli si aprì un monto intero. Quando lui inspirò per l'ennesima volta il suo odore la giovane trasalì, scossa da una folata gelida che l'attraversò dalla testa ai piedi, e si voltò di scatto.

"Quando lo vide, s'irrigidì a tal punto per lo spavento da dargli tutto il tempo di metterle le mani attorno al collo. Lei non tentò neppure di gridare, restò immobile, non fece un movimento di difesa. Da parte sua lui non la guardò. Non vide il suo bel viso cosparso di lentiggini, la bocca rossa,i grandi occhi verdi brillanti, poiché teneva i propri occhi ben chiusi mentre la strozzava,e la sua sola preoccupazione era quella di non perdere neppure la minima parte dell'odore di lei. Quando l'ebbe uccisa,la depose a terra tra i noccioli delle mirabelle,le strappò il vestito e il flusso di profumo divenne una marea, che lo sommerse con la sua fragranza. Affondò il viso nella sua pelle e passò le sue narici dilatate dal ventre al petto, al collo al suo viso e tra i capelli e di nuovo sul ventre,poi giù fino al suo sesso,sulle sue cosce, sulle sue gambe bianche, S'imbevve di lei dalla testa ai piedi, raccolse gli ultimi resti del suo odore sul mento, nell'ombelico e tra le pieghe dell'incavo del gomito. Quando l'ebbe annusata fino allo sfinimento,restò accovacciato accanto a lei ancora un momento per riprendersi, perché era stracolmo di lei. Non voleva sprecare nulla del suo odore. Prima doveva bloccare i suoi compartimenti interni. Poi si alzò e spense con un soffio la candela."

Sapeva di aver commesso un delitto? Forse no, e non gli importava. Per come la concepiva lui la vita era adesso improntata alla ricerca di quella stessa sensazione che aveva vissuto così intensamente, non voleva altro. Per la prima volta aveva uno scopo, e avrebbe (soprav)vissuto i restanti anni della sua esistenza proiettato solo in quella direzione. Come una droga il profumo si era impossessato di lui, e lo avrebbe guidato per sempre.

Come una sciamanica frenesia che scaturisce da una calma meditativa e si riversa in tutta la sua furia sugli adepti al rito, per poi esplodere e svanire nell'aria, la musica contenuta nel debutto dei cascadiani Sadhaka è in grado di impossessarsi dell'ascoltatore semplicemente crescendo dentro di lui. I ritmi sono inizialmente pacati ed ipnotici, le melodie, distintamente percepibili anche nel caos rabbioso ma controllato che agita il cuore delle quattro tracce di questo "Terma", sono un filo rosso che guida attraverso un lungo viaggio sonoro che si vorrebbe non avesse mai fine. Giunti al termine dell'ultima canzone, assetati e desiderosi di volerne ancora di più, si è infatti quasi costretti a premere nuovamente il tasto "play" e a immergersi nuovamente nelle atmosfere brumose e boschive sapientemente create dal gruppo. I Sadhaka sono una nuova scoperta della sempre interessantissima etichetta Pest Productions, ma non sono dei novizi in campo musicale: tra di essi figurano anche parte dei Fauna, le cui sonorità magiche e rituali riecheggiano spesso tra i solchi dei pezzi. Possiamo definire "Terma" come un ottimo punto d'incontro tra lo sciamanesimo dei Fauna, la rabbia dei Wolves in the Throne Room che spesso sfocia nella furia cieca degli Addaura, ed il senso della melodia e dell'atmosfera tipico degli Alda o degli Skagos.

In questo 2013 iniziato da non molto sono senza dubbio tra le sorprese più gradite in ambito (Cascadian) Black Metal: un ascolto è più che mai consigliato, e anche se credete di aver raggiunto i picchi del genere in questione con un "Two Hunters", piuttosto che con un "Ast", un ":Tahoma" o qualsiasi altro disco delle grandi band che popolano il sottobosco musicale cascadiano (senza andare a scomodare gli Agalloch) dedicate comunque del tempo ai Sadhaka, e rimarrete piacevolmente inebriati dalla loro essenza.

Carico i commenti... con calma