Se il concepimento del post-rock è avvenuto a Louisville (Kentuky – USA) nel 1991, con quell’orgasmo sonoro che è stato “Spiderland” degli Slint… l’atto di nascita ufficiale, riporta come data il 1994 e Chicago come luogo.

John McEntire è il fulcro intorno al quale ruotano le migliori menti pensanti dell’area dei Grandi Laghi, produttore e batterista dei Bastro (fondamentale monolite post-harcore matematico), all’inizio degli anni novanta riunisce intorno a se alcuni amici fidati (Bundy K. Brown - batteria e vibrafono - ed i due bassisti Douglas McCombs e John Herndorn) dando vita a progetto Tortoise.

L’esordio omonimo (su Thrill Jokey) è uno spigolo morbido, un serpente arrotolato su una pietra angolare, che si snoda sinuosamente attraverso il kraut rock delle origini, sprofondato in sonorità dub (“Flyrod”), ritmiche matematico-tribali (gli otto minuti letargici di “Spiderwebbed”), trance scheletrica ed isolazionista (“Onions Wrapped In Rubber” ), scariche elettriche desertificate (“Ry Cooder” ), sensuali linee di basso immerse nella notte dei tempi (“On Noble” ) o minimalismo folk, come in“Night Air” , dove una batteria funerea accompagna il lamento di una fisarmonica che cerca di non far sprofondare negli abissi il sofferto “cantato” in sottofondo, unico episodio del disco in cui è presente la voce.

L’elettronica colta ed il jazz sono il collante che compatta l’intero lavoro e codifica un nuovo modo di concepire la commistione di generi musicali apparentemente non assimilabili fra loro. Tortoise è un album notturno da ascoltare in sublime solitudine. Una splendida visione onirica ad occhi aperti.

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