Nel 1967, un anno dopo aver esordito con l’epocale “Freak Out”, l’immenso Frank Zappa pubblica uno dei suoi capolavori, quasi un manifesto della musica totale. In meno di 40 minuti, il freak per eccellenza, assistito dalle sue prodigiose “Mothers of Inventions”, mescola tutti i suoni, gli strumenti, gli stili, i generi, le civiltà musicali possibili e immaginabili, compiendo un surreale excursus attraverso lo spazio e il tempo, senza risparmiare alcuna epoca o alcuna zona del mondo. Detto questo, occore puntualizzare che, nonostante l’ostentato enciclopedismo, il carattere parodistico dell’operazione ha indotto Zappa ad accanirsi con particolare sarcasmo su tutti quegli idiomi musicali che appartengono alla cultura borghese americana: easy listening, kitsch, jingle pubblicitari, colonne sonore, pop vocale, teen idol etc… Ciò che rende questa satira della società dei consumi riuscita in ogni suo frangente è la capacità di sintesi con cui Zappa mostra di saper organizzare una materia sonora così esuberante.

L’opener “Plastic People” prende di mira l’enfasi retorica con cui i politicanti di ogni colore enunciano i loro slogan: in una struttura frantumata, caratterizzata da continue pause e ripartenze, si alternano i modi baldanzosi della banda paesana a fraseggi atonali e dissonanze di matrice free-jazz, che rivelano come la proposta zappiana vada oltre il semplice collage e si connetta all’avanguardia.
“The Duke of Prunes” si apre con un fragrante arpeggio di chitarra, con Zappa che si lancia in uno dei suoi demenziali crooning, doppiato da un corno che si ode in lontananza; l’entrata del basso e di una chitarra gracchiante conferisce dinamismo ad un brano che raggiunge il suo climax nel ritornello patetico, prima di sfociare in evoluzioni cerebrali, preziose anticipazioni del progressive; “Amnesia Vivace” è invece un delirio cacofonico di fiati e percussioni, introdotto da un’aria operistica per tenore e condotto a ritmo parossistico.
“Call Any Vegetable” si rifa’ invece al folk messicano, con un grottesco call’n’response e un petulante accompagnamento flautistico; dopo due strofe, Zappa abbozza un canto yodel, che porta il brano in un’altra direzione: ora è la volta di una base atonale di chitarra e clarinetto a reggere una stolida cantilena, che Zappa interpreta con la sua voce cavernosa. “Young Pumpkin” è invece una trascinate jam strumentale di ispirazione free-jazz, intrisa di aromi esotici, con tutti gli strumenti lasciati liberi di improvvisare e di seguire la propria strada; la facciata A si chiude con “Soft-Cell Conclusion” in cui si susseguono chitarrine e coretti solari e spensierati, una voce lamentosa e una parodia blues con tanto di armonica fuori tempo.

La facciata B si apre con “America Drinks”, anticipazione dell’ultima traccia, con un contrabbasso indolente e un charleston in attesa dell’improvviso break, in cui un frenetico motivetto circense e’ seguito da un’orgia di percussioni. I brani che seguono danno la misura della capacità delle Mothers di alternare tempi, stili e sonorità discordanti, con una fluidità impressionante: ci si trova catapultati da un genere musicale all’altro senza nemmeno rendersene conto. Ed è cosi che nelle brevi “Status Back Baby”, “Uncle Bernie’s Farm” e “Susy Creamcheese” si alternano, senza soluzione di continuità, surf music, r’n’b, Merseybeat, voci caotiche, cantilene per carillon, stacchi da opera cinese, ritmi isterici e così via.
Ma la summa del Zappa-pensiero si trova nell’operetta “Brown Shoes”, 7 minuti di pura follia in cui vengono passati in rassegna rhythm’n’blues, jingle pubblicitari, colonne sonore hollywoodiane, swing, doo-wop, jazz classico, swamp blues, tip tap, canzoni natalizie, blues del Delta, rumorismo, teen idol, kitsch, easy listening: il tutto orchestrato con una strumentazione estesa e facendo leva sulle sceneggiate evocate dal connubio tra vocine e vocioni, perfette nel fare il verso a tenori e soprani d’opera.
La chiusura dell’album è affidata ad “America Drinks and Goes Home”, distaccato numero di pianobar a cui si sovrappongono i rumori dei registratori di cassa e degli schiamazzi dei consumatori: un capolavoro di musica concreta, di montaggio sonoro, di teatro brechtiano. E un amarissimo apologo sulla società di allora e di oggi. 

(genere: avant-rock; musica totale)

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