Nel 1970 i Nostri si trovano senza vocalist, Malcom Mooney se ne va per esaurimento nervoso. . . La soluzione viene trovata per caso fuori da un caffè dove Czuckay e soci incontrano un giovane clochard giapponese che si esibisce in una delirante performance stradale. . . Immediatamente nelle loro menti malate arriva L'IDEA: "Prendiamocelo su e facciamolo esibire con noi nel nostro concerto di stasera. . . ". . . Il resto è storia

L'album che inaugura il magico decennio è "Soundtracks", collezione di canzoni composte come colonna sonora per vari film underground.

Nonostante la sua tipologia di "Original Soundtrack" l'album è molto coeso, la qualità dei brani è oltremodo eccellente e all'altezza del successore (giustamente) tanto blasonato "Tago Mago", e fa la sua comparsa il primo grande classico dei Can "Mother Sky": una grande cavalcata psichedelica con un grande editing da parte del solito Czuckay ai nastri dove si cimenta pure nella sovraincisione di due ipnotiche parti di basso.

Si fa notare per la sua intensità anche "Deadlock" soprattutto nella potente prova vocale di Damo Suzuki e la presenza della riverberatissima e sofferta chitarra di Karoli. Le armonie sono tragiche ma non pietistiche, dal sapore molto decadente. Insomma un altro grande classico efficace anche nella sua brevità. Notevole anche il successivo reprise.

Un altro grande brano è "Tango Whiskyman" dallo strano gusto Nippo/Germanico soprattutto nel passaggio da minore a maggiore dell'inciso, dove spadroneggia la geniale ritmica di Liebezeit (che nell'arrangiamento fa veramente la differenza proiettando il brano direttamente negli anni 90) e soprattutto la bellissima melodia della strofa (sarò fuori ma a me ricorda terribilmente quella recente"canzone" HipHop dove canta Mariah Carey che fa "baby if you give it to me i'll give it to you"... plagio??).
"Don't turn the light..." è un'altra "highlight" del disco (scusate il giro di parole). Grande atmosfera sussurrata e bel giro armonico discendente sul pedale del basso.

All'interno dell'album oltre a questi brani che sono le primissime prove vocali di Damo Suzuki troviamo le ultime prove vocali del dipartito Mooney, nella fattispecie "Soul Desert" non male ma non paragonabile al resto dell'album e il sorpendente exploit Swingeggiante di "She brings the rain" dove su una very smooth chitarra jazzata di Karoli il vocalist americano da prova di grande feeling (una nota sul brano, il suono che all'apparenza nel sottofondo sembrerebbe un violino non è che la chitarra di Karoli in sovraincisione, al primo ascolto mi ha fregato. . eh eh eh. . . )

In definitiva un grande e sottovalutatissimo album dei nostri teutonici eroi, quasi sempre messo in secondo piano per via della sua natura di "Soundtrack" ma secondo il mio parere da elevare e unire alla riconosciuta triolgia Tago/Ege/Future. . .

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