Poco prima di "First Circle" a firma Pat Metheny Group, nel 1982 il Pat, che mantiene da sempre una sua parallela e coerente, seppur rischiosa, integrità jazzistica, entra in studio con Billy Higgins e Charlie Haden per un disco in trio dal sapore unico.

A differenza della maggior parte dei lavori in "jazz guitar trio", che iniziano con determinati equilibri e precise scelte "timbriche" per poi finire allo stesso modo, pur variando i climi ed i tempi del repertorio scelto, questo disco si caratterizza per la volontà di approfondimento dello specifico jazzistico nella tradizione, nel solco lasciato da Ornette Coleman (di cui Pat Metheny è fan sfegatato da sempre e con cui guarda caso i due ritmi H& H hanno suonato spesso e stabilmente) ma con scelte di strumentazione e conseguenti mutazioni timbriche di notevole rilievo e coraggio.

Il primo brano "Lonely woman" (di Horace Silver, che troviamo nel suo "Song for my father compratevelo senza indugio!) è inciso con chitarra acustica ed è forse, non mi vorrei sbilanciare ma lo penso veramente, la miglior versione che ci sia in giro su disco. Va semplicemente "assaporato" nella sua lunga esposizione per valutarne appieno il contenuto emozionale e tecnico. Il piatto "ride" leggerissimo e costante di Higgins riempie l'aria mentre il contrabbasso di Haden fa da necessario e misurato contrappunto intimista al compare Pat. Il disco vale l'acquisto non foss'altro per questo singolo brano. "Tears inside" (Ornette Coleman) è basato su una struttura blues più consueta e la Gibson 175 di Pat Metheny torna ad un lavoro più solito, però con una chiusura del tono forse eccessivamente cupa. Ma è una delle scelte che si staccano volutamente dalla produzione jazzistica più trita. "Humpty Dumpty" (Ornette Coleman) presenta una serie di percorsi intricati che rappresentano un alzamento dell' asticella del chitarrista evoluto di diversi centimetri. "Blues for Pat" (Charlie Haden) è una semplice ed opportuna boccata di sano e puro ossigeno, per lucidare i condotti auricolo-polmonari di qualsiasi vecchio animale jazz addicted. Col tempo, forse non volendo, è anche diventato, grazie alla sua semplice orecchiabilità, uno standard suonato spesso in giro (consigliabile anche "Wish" di Joshua Redman, sempre con Pat e Charlie) rappresenta l'omaggio di Charlie ad un vecchio conterraneo "missouriano" vagabondo generoso.

"Rejoicing" è il terzo brano di Ornette Coleman incluso nel disco ed inizia con una cavalcata pericolosa e velocissima a due tra batteria e chitarra, sempre chiusa nel tono ma potente. Grande e difficile banco di prova, sia da un punto di vista tecnico che compositivo. Musica di venticinque anni fa, musica dei prossimi venticinque anni. Nessun compromesso. "Story from a stranger" (Pat Metheny) ci riporta ad atmosfere decisamente rilassanti ed acustiche, con sovraincisioni ed atmosfere che stanno a metà tra il new age, alcuni influssi spagnoli del Davis più pacato e "A map of the worldcolonna sonora composta da Pat per il film omonimo ed a torto trascurato capitolo della discografia del nostro. "The calling" (P.M.) si apre con dei suoni sintetizzati che stanno esattamente a metà tra alcune cornamuse ed un tamponamento a catena sul Grande Raccordo Anulare (ascoltare per credere!). Prosegue per ben dieci minuti con uno sviluppo free di cui francamente sfuggono il senso e l' obiettivo primario. Timbri originali ed obliqui; bellissimi. Usati però per un'opera forse troppo astratta ed indecifrabile ai più , sottoscritto incluso: una cosa così la ricevi da chi meno te l' aspetteresti. Per il Pat… eravamo comunque pronti! Poco male: il disco è comunque bellissimo e possiamo tollerare agevolmente questo episodio un po' interlocutorio in una sequenza di brani appetitosi ed originali. Fast forward to "Waiting for an answer" (P.M.), ultimo breve brano a sviluppo lento e dal sapore preserale, tranquillo e traverso ai fatti della tua vita. Riflessivo ed obliquo.

"Rejoicing" è un album sostanzialmente sviluppato nel pieno della tradizione sia ECM sia metheniana: non tradisce le aspettative ne' degli uni ne' degli altri; anzi: spiazzerà coloro che sono abituati a più comode strade e rappresenta un collegamento tra il jazz guitar trio classico, la sperimentazione e gli scenari strumental-musicali più ampi. Grande prova della personalità onnivora ed intelligente del Pat.

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