Il terzo lavoro del Consorzio esce nel 1997 è segna il record di vendite con ben 80.000 copie.
Questo è l'ultimo lavoro che vede insieme Massimo Zamboni e Giovanni Ferretti, massimi esponenti della band.

Il disco si muove su una linea molto rock, accerchiato da un sound elettronico e psichedelico e con qualche spunto finale molto punk, rievocante i CCCP.
La marcia dell'album è impostata su delle tappe geografiche mentali che si allacciano ad un ritmo lento e morbido. Ispirato ad un viaggio in Mongolia, il lavoro ci spinge verso orizzonti mentali trascendentali, riguardanti l'Oriente e le sue storie.
Non è un lavoro assolutamente etnologico, ma direi abbastanza spirituale, esortante ad un piacere psichico.

"Unita di produzione" è la prima track, ed è secondo me la più bella insieme a "Bolormaa" ed "Accade".
La canzone di apertura è la porta che ci conduce in un viaggio negli spazi interni, dove le emozioni avranno il sopravvento sulla ragione.
Il resto del disco ha la giusta tensione, elettrificata dalla chitarre noise di Zamboni e Canali. La batteria Cavalli Cocchi e il basso di Maroccolo stanno al gioco seguendo una linea abbastanza fluida. La voce di Ferretti è trascinante e in alcune occasioni si intreccia con quella di Ginevra Di Marco, in modo abbastanza sfumato. Il piano di Magnelli è quello che si sente di meno, causa le entrate sempre perfette e distorte delle chitarre.

Ferretti e Zamboni ci rendono partecipi nel loro viaggio in Asia, riproducendo nei primi otto episodi l'atmosfera orientale dei luoghi visitati e finendo con le ultime due canzoni, "Matrilineare" e "M'importa 'na sega", rese diverse dallo stile punk già citato.
Il disco non è paragonabile al capolavoro "Linea Gotica", ma vi sballotterà e vi trascinerà in una spirale elettrica e suggestiva.

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