Milena Vukotic non andava bene. Lo racconta Carlo Verdone nel suo libro "Fatti Coatti": "A un certo punto della sceneggiatura [...] Mimmo, il personaggio timido legato alla nonna, si fermava con lei in una specie di motel sull'autostrada nei pressi di Orvieto. Dopo aver lasciato Sora Lella a dormire in camera, rimasto solo, scendeva al bar e veniva addocchiato da una prostituta [...] Nell'imbarazzo veniva attratto da una vasca di pesci rossi, si metteva seduto a guardarli, mentre lei cominciava a spogliarsi. Lei finiva con lo spogliarsi del tutto e gli si metteva proprio di fronte, dietro alla vasca dei pesci. Filtrato dal vetro e dall'acqua della vasca il triangolone nero dei suoi peli veniva deformato [...] Ora, per poter essere ingrandito dietro alla vasca, c'era bisogno di una folta peluria femminile. E siccome Milena Vukotic non sembrava avere questo triangolo così enorme, allora Leone disse serio: "Sentite un pò, annateme a ttrovà tre o quattro mignotte, ma che ce l'abbiano bella folta, se no nun se ride qua". [...] Era il momento di girare. La ragazza mette 'sta cosa pelosa davanti alla vasca dei pesci. A Leone però è venuto un dubbio. Grida: "Stoppa! Enzo!!". Enzo, il parrucchiere, accorre prontamente. "Enzo", gli fa, "co' la spazzola, dagli un pò de volume a destra e'n po de volume a sinistra".

Nasce così una delle scene più divertenti di "Bianco, rosso e Verdone", secondo film di Carlo Verdone, dopo il grande successo ottenuto con "Un sacco bello". Il Leone citato è proprio lui, Sergio Leone, padrino cinematografico di Verdone, vero e proprio despota del set. Milena Vukotic invece, era già conosciuta come la "seconda moglie di Fantozzi" (la prima fu Liù Bosisio, da 18 anni voce italiana di Marge Simpson).

"Bianco, rosso e Verdone", forse più di "Un sacco bello", è considerato il film manifesto del Verdone pensiero, una galleria esilarante di personaggi italianissimi, con le loro debolezze ed i loro problemi. Personaggi che, nel corso degli anni, attraverso centinaia di passaggi televisivi, sono entrati nel cuore del pubblico italiano: da Mimmo, il ragazzotto legato quasi morbosamente alla nonna (sgrana gli occhi al cielo e ripete: "Inchessenzo?") a Furio, noiosissimo marito pignolo che porta alla pazzia la povera moglie (il personaggio ritornerà, riveduto e corretto, in "Viaggi di nozze"). In mezzo c'è anche Pasquale, la macchietta meno riuscita di Verdone, anche se, forse per innata simpatia, Verdone gli lascia il burrascoso finale.
Una sorta di road-movie, dalla Germania in Italia, o da Verona a Roma, per andare a votare. Succede, come prevedibile, un pò di tutto: Mimmo e la nonna arriveranno all'agognato seggio elettorale dopo essersi fermati in autogrill, in un motel e persino in un cimitero; Furio finirà all'ospedale perchè, in galleria, ha deciso improvvisamente di accellerare; Pasquale, che era partito dalla Germania con buoni propositi di rivedere la sua Italia, verrà derubato di qualsiasi oggetto e si troverà la macchina completamente distrutta. Sbotterà, nel finale, in dialetto basilisco. Quello che dice è incomprensibile, ma la rabbia è chiara e palese.

Non è un film perfetto "Bianco, rosso e Verdone", dopo un pò il giochetto comincia a mostrare la corda e certe gag sono più noiose che divertenti (certi furti ai danni di Pasquale sono solamente un bel contorno, ma niente di più), e la sceneggiatura di Benvenuti-De Bernardi-Verdone, più che inventare situazioni, accumula gag. Il che non è proprio una bella cosa. Ma, se in "Un sacco bello", ci si divertiva dall'inizio alla fine, qui Verdone innesta, per la prima volta, anche dei momenti, per così dire, "drammatici": le considerazioni della nonna durante il tour al cimitero o il finale in cui la Sora Lella, la nonna, muore all'interno della cabina elettorale. Ma allora, come mai, questo film, tutto sommato normalissimo, ha avuto un così vasto successo di pubblico? Semplice: il Verdone attore è pressochè incontenibile nelle sue scorribande linguistiche, perfetto nel delineare le psicologie di tre personaggi tanto divertenti quanto estremamente solitari (alla fine, tutti perderanno un qualcosa di caro, Furio la moglie, Mimmo la nonna e Pasquale la macchina), e certe battute, certi modi di dire, sono entrati nella memoria collettiva, come il dialoghetto che Furio inscena ogni due per tre con la moglie: "Magda, tu mi adori?", "Sì", "E allora lo vedi che la cosa è reciproca?".

Accanto ad uno scatenatissimo Verdone, Leone scelse una serie di caratteristi di navigata esperienza: la già citata Milena Vukotic, Mario Brega (il burbero manesco della trilogia leoniana del dollaro), Angelo Infanti ed Irina Sanpiter, la moglie di Furio, oggi organizzatrice di concerti rock. La nonna di Mimmo è, invece, l'indimenticabile Elena Fabrizi, sorella di Aldo, grande caratterista, famosa a Roma per essere la proprietaria di un ristorante molto frequentato all'Isola Tiberina.
Pur non essendo un capolavoro, ma un film tutto sommato modesto, "Bianco, rosso e Verdone" è un film senza dubbio divertente, non volgare, e costruito molto meglio di tutte le pellicole italiane di quel periodo, (Pozzetto, Celentano, Montesano), tranne qualche rara eccezione (Troisi, Benigni).

Carico i commenti... con calma