Un piccolo studio di registrazione da quattro soldi, un paio di chitarre, un armonica e il gioco è fatto.

L'album che mi accingo a recensire non è forse tra i più conosciuti di Guccini, eppure è in questo disco, il primo in assoluto, che sono contenuti molti dei capolavori del "maestrone", seppur con un arrangiamento alquanto scarno, ridotto all'essenziale. Infatti la formazione è molto ristretta: Guccini (canto e chitarra ritmica), Antonio Roveri (chitarra solista) e Alan Cooper (armonica e chitarra ritmica). Consiglio di sentire questo disco mentre siete in macchina o in casa durante una giornata di pioggia o di fitta foschia, una tipica giornata d'inverno o autunnale. In copertina si vede la foto di un giovane e sbarbato Guccini girato di spalle intento a fumarsi una sigaretta.

Prima di iniziare a descrivere le canzoni, però, voglio far notare che sul retro del disco troverete scritto: "Parole e musiche di Pontiack/Verona tranne ecc.", questo perchè Francesco non era inscritto alla SIAE per cui i pezzi furono depositati da altri autori, inoltre alcune canzoni canzoni erano state già suonate dall'Equipe 84 con il quale egli collaborò nei primi anni della sua carriera

Detto questo infiliamo il cd e quando nel lettore compare la prima traccia alziamo il volume dello stereo e ci troviamo di fronte alla prima canzone del disco che è "Noi non ci saremo", brano conosciutissimo se non fosse che il testo non è proprio uguale alla versione che tutti conoscono: è più lunga di ben due strofe. All'inizio la voce sembra quella tipica del Guccio (non proprio identica a quella attuale, certo, ma lo stampo è quello), finchè non si arriva ad un solenne "come un sudario si stenderà, fra il cielo e la terra per mille secoli almeno...", lì sbalzo dalla sedia, - Non è possibile- dico, fra me e me- E' veramente Guccini quello?- La sua voce si fa chiara come quella di un castrato (sebbene il termine non si addice molto a Guccini). Tocca note davvero alte, e tutt'intorno riecheggia un eco che pare di stare dentro una cripta. La melodia iniziale con la chitarra è leggermente diversa da quella più conosciuta.

Segue la famosissima ma qui meno scanzonata "Canzone per un amica" dove nel primo album viene chiamata con il titolo originale: "In morte di S.F.", anche qui intro con chitarra e aggiunta di armonica di sottofondo e come intermezzo tra una strofa e un'altra. Bellissima canzone niente da aggiungere.
Seguono poi vari brani di successo, come "Auschwitz" e "L'Atomica cinese" (o "Atomica" come verrà ribattezzata in seguito), che tutti noi conosciamo e che quindi non mi soffofermo a descrivere, separati solo da "Venerdì Santo", brano meno conosciuto, una canzone d'amore, cosa insolita per il Guccini dell'epoca. Un commento particolare ad "Auschwitz" che accompagnata solo con la chitarra e l'armonica rende molto bene l'idea dei campi di concentramento.

Nella seconda parte del cd si trovano i brani meno conosciuti quali "Talkin' milano" (evidente riferimento a "Talkin' New York" di Bob Dylan), "Il 3 dicembre del 39" (che non indica la sua nascita in quanto lui è del '40 ndr) è un valzer umoristico con una critica alla politica italiana di allora. "La ballata degli annegati", questa canzone dal titolo deandreiano e dal testo che sembra influenzato dagli chansonnier francesi narra le vicende di un fiume che racconta storie, storie di persone che una volta morte annegate non hanno più paura dire quello che pensano "perchè le loro parole d'amore nell'acqua sono sincere", tanto per citare un verso della canzone riadattato all'occasione, o che i loro sogni non si realizzino mai in quanto "da quanto tu dormi qua sotto hai sognato che mai lui ti ha lasciato". Una specie di "Spoon River" in chiave moderna.
Si termina con "Il sociale e l'antisociale" che pur essendo unite in unica traccia sono due canzoni, due ballate sarcastiche che raccontano due stili di viti opposti. Guccini ha anche chiarito in seguito che i due personaggi della canzone non rappresentavano lui, ma era puramente sarcastica.

Che dire, un disco asciutto di un Guccini non ancora maturo ma che già all'epoca mostrava il suo spiccato talento. Certo, magari non paragonabile musicalmente ad altri suoi capolavori (anche se devo ammettere, alcuni di questi brani mi piacciono molto con l'arrangiamento originale) ma che vuol trasmettere qualcosa all'ascoltatore, lanciargli un messaggio come quelli contenuti in "Noi non ci saremo", "Auschwitz" oppure nell' "Atomica", cerca insomma, senza presunzione, di fargli capire qualcosa, e questo non è poco.

E intanto i capolavori si susseguono e la strada da percorrere è "lunga e diritta"...

...e il gioco è fatto.

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