Con gli anni tutti si ammorbidiscono... quanti ribelli abbiamo visto partire a manetta per poi finire a suonare come gli sciropposi Beatles di "Let it be" (avete bisogno di qualche nome?).
Lui no. Per l'ennesima volta, dopo ben dieci anni dall'ultimo disco, Tex Perkins ha radunato le sue bestie del bourbon, raccattate nei peggiori bar del bush australiano, animali in via d'estinzione che lottano per sopravvivere e per questo ancora più pericolosi. Dei vecchi è rimasto solo il fido Spencer P. Jones, mentre Kim Salmon e Boris Sujdovic sono tornati a suonare dal vivo con gli Scientists, invece quel panzone di James Baker chissà con chi starà a mezzo. E come risultato ottiene un disco coerente e compatto che se il mondo non girasse nella merdosa maniera nella quale ultimamente ci ha abituato, sarebbe inserito tra i migliori del 2007 che va a finire.
L'album inizia con il solito riff distorto fregato agli Stones, ma "I Don't Care About Nothing Anymore" è molto più cattiva già dal titolo: nessuna pietà, tre minuti torridi con il vocione di Tex ancora più graffiante, alcool e sigarette gli fanno bene, al diavolo la salute, per morire c'è sempre tempo. "I'm Gone" ha le chitarre addirittura heavy com'erano heavy a modo loro gli MC5 e gli Stooges; un altro grande pezzo tirato alla morte, gli assoli di Spencer valgono da soli il prezzo del biglietto.
Dici: " vabbè adesso si calmerà"... e invece no! Giù la ferraglia che ansima e sbuffa in "I told you so" con zappate di basso che fanno tremare le fondamenta e lui che snocciola la sua verità: quando sei nato sotto una cattiva stella tutto il resto va a farsi fottere. "Master and Slave " rilancia ancora, chitarre ipertrofiche a condire una ballata aspramente epica con le belle aperture della solista.
Solo a metà disco Perkins ci lascia respirare con la title track romanticamente disperata e notturna come solo può essere la sua voce abrasiva fatta di carta vetrata a grana doppia. Ma è appena un' illusione: "The Beast I Came To Be" è una cavalcata punk carica di fuzz, "Sleepwalker" un bluesone torcibudella dove la gomma degli speakers dell'impianto sembra gonfiarsi seguendo l'andamento delle vene del collo di Tex, le chitarre sono talmente cariche di effetto Larsen che alla fine del brano il silenzio fa maledettamente male alle orecchie...
Ancora un paio di songs che saldano il loro debito di sangue con Jagger/Richards, con la differenza che questi due babbioni se lo sognano oggigiorno di suonare con siffatta violenza ed energia, e alla fine Tex Perkins su quattro accordi di chitarra country mette giù una spoken song ("Thanks") di ringraziamenti per tutto ciò che lo fa stare bene. E voi pensate che un brutto ceffo come lui possa essere grato a mamma e papà o alla ragazza, agli utenti di Debaser oppure al padreterno? Ve lo faccio spiegare dalle sue stesse parole cosa gli fa bene ....
Thanks for the water
Thanks for the wine
Thanks for showin' me a real cool time
Thanks, thanks, thanks
Thanks for the whiskey
Thanks for the beers
Thanks for the heartache
Thanks for the tears
Thanks, thanks, thanks
Thanks for the marijuana
And the hashish too
And every other thing
I ever smoked with you
Thanks, thanks, thanks, thank you very much
Thanks for the acid
And the ecstasy
And the methamphetamine, hoowhee!!!
Thanks, thanks, thanks
Thanks for the heroin
And the cocaine too
And the epidural sure got me and her through
Thanks, thanks, thanks
Thanks for the water
Thanks for the wine
Thanks for showin' me a real cool time
Thanks, thanks, thanks...
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