Non so per voi, ma il primo degli Arcade Fire per me fu una bella sorpresa: l'ho ascoltato parecchio, dopo l'acquisto e, se lo riascolto, mi pare ancora degno di nota. Ma (non so voi) io sono distratto, poco incline agli entusiasmi, compulsivo, annoiato. Insomma un vecchio adolescente. E così già il secondo, che è un bel disco, non ha girato con la stessa frequenza nel lettore. Tra un disco e l'altro, però, un paio di quei canadesi insieme ad altri giovanotti di Montreal e dintorni avevano messo in piedi un gruppo e s'erano concessi una libera uscita. Ne è venuta fuori la strana creatura che sto ascoltando, battezzata Bell Orchestre. Ne avevate sentito parlare? Io no, l'ho scoperta oggi, per caso.

E mi piace, mi piace molto: si sente che ne avevan voglia, si capisce che la passeggiata in libertà, armati di una strumentazione eterogenea, se la son goduta: liberi dalla forma canzone inanellano una sequenza di quadri che si snoda con naturalezza dando vita ad un cangiante teatrino sonoro. Giocano molto con i fiati (il corno, soprattutto) e dosano con cura gli archi, spesso declinando gli arrangiamenti in una sorta di bucolica classicità sui generis ma a suo modo evocativa. Non rinunciano ad una certa enfasi ritmica ma la stemperano in ambientazioni che s'infittiscono di suoni speziati e "rotondi", o la immergono in un climax dai toni un po' ironici ("Les Lumieres Part.2") per virare poi verso improvvisi spazi di ariosa luminosità, quasi sognante. E da lì ripartono, trottando o al galoppo, con una brezza costante a scompigliare un po' la scena. Vitale e generoso, senza eccessive pretese ma non senza ragion d'essere, il disco scorre in una sorprendente facilità d'ascolto, e le tracce, nell'incrocio tra una sorta di musica da camera e certe attitudini all'ibridazioni di generi "rock" già emerse negli Arcade Fire, godono di una "cantabilità" quasi fisiologica, pur essendo tutte strumentali.

Un piccolo disco, ma ricco, curato, gustoso e sincero. Non so per voi, ma per me, a volte, è una manna.

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