Il mini-album oggetto di questa recensione è di un gruppo giapponese che canta in giapponese. 

Il gruppo giapponese è del genere visual kei. 

Il visual kei (lett. "stile visivo") è quel genere dove l'immagine conta quanto la musica e spesso gli artisti si conciano con abiti femminei rispettando un ideale estetico per cui bellezza=donna, quindi anche per un uomo essere bello vuol dire essere femminile.

Se siete arrivati fin qui a leggere, saltando quei tre step che (a torto o ragione) impediscono al 90% delle persone di avvicinarsi alla musica giapponese, allora già avete fatto tanto. In diverse altre recensioni di artisti giapponesi qui su DeBaser ho letto commenti sprezzanti del tipo «s'ascolta musica giapponese perché fa figo» o «uno si sente più "in" perché ascolta musica giapponese». Non è proprio così, perché (almeno nella mia esperienza) dire che ascolto ANCHE musica giapponese equivale a dire che sono un nerd o un geek che ascolta sigle di cartoni animati. Essendo il Giappone un paese da cui ancora l'Italia non importa musica, forse i fan della musica giapponese d'oggi devono sentirsi più o meno come i fan della musica americana qualche decennio fa: elitari e insieme non del tutto ben visti.


Bene, dopo aver peccato in uso personalistico del mezzo pubblico ed aver sfruttato il dischetto di DeBaser come sorta di Freud virtuale, passo finalmente all'album. Il titolo Romanesque Gothic e la copertina che sembra quella di un libro tratto dalla biblioteca della Cattedrale di Canterbury dovrebbe far capire che siamo di fronte ad un hard rock con tendenze goticheggianti, ed infatti NON è così. I Vidoll sono una band costantemente in bilico fra un punto di vista ed un altro, costantemente in equilibrio fra un aspetto ed un altro, un genere ed un altro, un ritmo ed un altro; lo stesso nome "Vidoll" è un complesso gioco di parole per il quale esso può essere interpretato sia come "bellissima bambola" sia come "inutile marionetta" (e loro incroci) a totale discrezione del lettore. Ascoltare i Vidoll è un'esperienza spiazzante perché ci si trova sempre nell'imbarazzo di non conoscere che tipo di musica stanno suonando: è hard rock? È glam? È metal? È rock'n'roll? È prog? Io li ascolto da diversi anni ed ancora, forse per mia ignoranza, non sono riuscito a definirli in una qualsivoglia categoria; forse la più logica è gothic (da stemperare con "& lolita"), ma poi ascolti una qualunque canzone a caso e vieni puntualmente sbertucciato dal loro istrionismo oltre ogni limite. Che vuol dire Romanesque Gothic? Romanico-gotico? Mi pare un controsenso, visto che l'uno contraddice l'altro. Quindi, naturalmente, la definizione migliore (se proprio vogliamo trovarne una, poi) è proprio quel "visual kei"che non vuol dire assolutamente nulla perché è una categoria dell'apparire e non del suonare.

Ci ho pensato un po' a quale release scegliere per scrivere per la prima volta dei Vidoll su DeBaser: pensavo di iniziare dal primo album, o dal recente best, ma alla fine ho optato per Romanesque Gothic perché nei cinque brani che lo compongono questo mini-album esprime tutta, o comunque esemplarmente, l'anima di questo gruppo. Anzitutto la contraddittorietà e l'ambivalenza di cui sopra, espressa in ogni aspetto a partire dal rapporto parole/musica: per esempio, [F] Stein to [M]  (quegli angolini sarebbero le virgolette dei giapponesi) apre l'album in maniera enorme, drammatica, epica, trionfale, t'immagini un melodrammone tragicissimo, ma poi vai a leggere il testo e scopri che parla nero su bianco degli abusi sui bambini. 6 minuti di s-concerto ed arriva Ningyo, traccia allegrissima e singolo estivo in cui si narra la fiaba dell'amore fra un uomo ed una sirena. Continua l'ambiguità con la disarmante Miren, che inzia come un boogie-woogie e s'alterna a stacchi netti con un thrash metal tutto growlato, e poi l'assurda Teddy, dedicata dal cantante al suo orsetto di peluche (non sto scherzando) con una melodia davvero dolce e melancolica ed un arrangiamento hard rock ovvimente contraddittorio. Chiude l'album Sayonara, una bella ballata (???) che funge da happy ending, a tratti speed metal ed a tratti fiaba della buonanotte, continuamente interrotta, ripresa, rallentata, velocizzata, addolcita, abbrutita, mutata.

La musica dei Vidoll, quindi, si basa sulla continua contraddizione con sé stessa e contemporanemante sulla grande coerenza ad una ragionata frammentarietà. Gli stessi cinque componenti della band provengono da esperienze simili, ma antitetiche, e messi insieme riescono a scontrarsi creativamente dando vita ad uno stile, lo ripeto, indefinibile: c'è molto pop nei Vidoll, ma anche il metal più brutale e non inusuali rimandi a ricordi classici, ma ascoltandoli si evince chiaramente che sono anche conoscitori degli anni '70 e di quanto hanno lasciato alla musica, e mille altre cose. Anche le liriche non sono da meno: i testi dei Vidoll parlano davvero di tutto, dai problemi sociali alle tragiche storie d'amore, dall'invasività dei media alle piccolezze quotidiani e mille altre cose; niente di sfruttabile viene lasciato inespresso. Romanesque Gothic è esemplare nel gioco Dada di mischiare musica e testo: il continuo sperimentare e continuo mesciare, invece di stancare, funziona sempre benissimo e dimostra l'eclettismo della band. Buona parte del merito ce l'ha l'autore, compositore e vocalist è Jui, dalla voce assolutamente riconoscibile che scala le tonalità più alte (al limite per un uomo) come pure sa scendere davvero giù ed è di un'espressività teatrale assoluta, ma anche il bassista Rame, sempre conciato come un'ottocentesca bambolina di porcellana, coi suoi incredibili e funambolici arrangiamenti dimostra la grande ed invidiabile capacità tecnica di questa band. Non so se mai i Vidoll arriveranno a vendere in Italia o a tenere qui un concerto, ma so che si tratta di una grande band capace di far sentire la sua voce nell'ambito dell'art rock internazionale, e questo mi basta.

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