Mi rendo perfettamente conto che la mia credibilità di de-recensore è pari a quella di un cubetto di ghiaccio posto in sommità d'una rovente duna desertica, ma, per una sola ed unica volta lasciate perdere le mie abituali stron*ate, abbandonate ogni remore, fate finta che non l'avete letto su questa aberrante sfasciapagina, ma regalateVi un favore, concedete alle Vostre tumefatte e spesso ingiustamente maltrattate orecchie (pensate a quante musico-buffonate le avete costrette a far da tramite..) il lusso d'un disco degno d'esser ascoltato, vissuto, azzannato, respirato, ballato, epidermicamente traspirato.. inzomma cercatelo in qualsiasi modo il 'paradisiaco' lavoro pubblicato al volgere del termine dello scorso anno da questi tre eminenti Signori: Ve ne ringrazierete.

 

"World Music for the 21st Century"

Fantastico!

Non ci sono termini più appropriati per descrivere i conturbanti, spettacolari, coinvolgenti, trascinanti, ammalianti paradisi musico-spazio-geografico-temporali profusi et emanati nella seconda opera del fenomenale trio Iraniano Niyaz.

Davvero raramente si ha avuto modo di percepire una unione così equilibrata, convincente e naturale tra Tradizione e Contemporaneità: l'architrave impiantistico e vocale di base rimanda al misticismo sufi e alle sue avvolgenti spire musico-strutturali; i sublimi svolazzi canori interpretati dalla perfetta chanteuse Azam Ali, vengono innervati da raffinate ma profonde, intense intelaiature elettroniche che non scalfiscono e/o appesantiscono il melange ma anzi rafforzano in maniera esponenziale, quasi imbarazzante, il tasso di generale intensità e globale coinvolgimento; davvero improbabile non lasciarsi strappare alle danze dalla viscerale apertura: lo spettacolo chiamato "Beni Beni" o non trasecolare impietriti dinanzi ai trance-tribalismi contenuti su "Molk-E-Divan".

Un incauto et ingeneroso termine di paragone di ciò che materializzano costoro si potrebbe azzardare con quanto propugnato a suo tempo dai primissimi Transglobal Underground: sia chiaro la comparazione risulta dannatamente deficitaria verso l'ex gruppo della pur brava Natacha Atlas: qua ci troviamo qualitativamente davvero su un altro pianeta.

Il lavoro è strutturato complessivamente attorno a diciassette frammenti le cui ultime otto porzioni (o il secondo CD se preferite) non sono altro che le esecuzioni/riletture definite in chiave "Acoustic" (eseguite con il solo ausilio degli strumenti tradizionali, accantonando l'armamentario tecnologicamente moderno) dei brani presenti nella prima parte del manufatto: tale è la qualità dell'eseguito di entrambe le sezioni che si fa una notevole (assai piacevole e ripagata) fatica a prediligere una dimensione all'altra.

Non Vi annoio oltre.  

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