Gli anni 80 sono stati particolarmente controversi, specie in campo musicale. Da un lato imperavano drum machine con le quali band come The Cure, Depeche Mode facevano dignitosamente i conti, e dall'altro la musica d'autore faceva fatica a trovare nei suoni acustici una propria identità (ricordate le aberranti incursioni digitali in un disco dei Pink Floyd - ‘A Momentary lapse of reason' beh, se vi vengono i brividi allora avete capito di cosa parlo).

In Italia un certo signor Adelmo Fornaciari, alla prese con la pantomima di Joe Cocker, decide di rinnovarsi facendo un salto nel soul d'annata, un pizzico di spaghetti funky, gospel, e un'immagine da sciamano romagnolo. Ecco lo Zucchero  vincente che fa centro. Ecco il discone. Già il titolo ci fa comprendere di come la storia la si costruisce, facendo attenzione a ogni minimo dettaglio.

Un album superbo che sa mischiare sacro e profano, con brani mistici che inneggiano all'amore puro, ad un' Overdose, per l'appunto. Il mare è impetuoso, le madri sono dolcissime e i diavoli albergano in noi. Organi e piani posseduti dal demonio, cori angelici che vellutano l'udito. In quest'album si vede la luce. Il basso slap taglia e cuce ritmi soul come non mai sentiti prima in Italia. Man mano che la musica procede si ha l'idea di assistere ad una vera e propria liturgia in musica. C'è spazio per la psichedelica alla Pink Floyd, come non ricordare i versi ipnotici ‘fai piano i bimbi grandi non piangono' e il solo di synth dark nella splendida "Diamante".

La conclusiva strumentale "Libera l'amore" un po' alla Sergio Leone, lascia andare tutti in pace verso le nostre peccaminose vite.

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