Nel 1970 nessuno riusciva a immaginare una carriera come solista di Ringo Starr. Per tutti era un metronomo di batterista ma poco fantasioso e senza velleità d'assolo mirabolanti, un cantante decisamente pessimo senza alcuna speranza di miglioramento. Ma il buon Richard sorprese tutti già all'esordio con il timido "Sentimental Journey", un disco di vecchi standard anni '40 e '50 che avevano segnato la sua infanzia e registrato per far contenta la madre. Il disco vendette tantissimo in coda alla scia emotiva suscitata dalla fine dei fab-four e il drummer nasone si rese conto improvvisamente di poter dire anche la sua nel mondo post Beatles.

Ecco allora Ringo riprovarci lo stesso anno con un secondo LP, "Beaucoups Of Blues", un disco di country music messo insieme grazie al chitarrista Peter Drake che riesce a raccogliere un repertorio per il batterista in poco tempo. Registrato a Nashville è un lavoro pieno di canzoni lacrimevoli (nel senso buono del termine), rilassato e senza troppa voglia di prendersi sul serio con composizioni lente e fluide, e alla fine risulta essere un disco che merita un ascolto. La critica lo accolse molto bene, la voce di Ringo si adatta perfettamente allo stile tra scorrevoli accordi acustici e violini saltellanti. Il pubblico rimase però indifferente decretandone il totale fallimento, ma nel corso degli anni "Beaucoups Of Blues" è diventato un LP raro, ristampato in CD è ormai introvabile.

Dopo il '70 Ringo inizierà a scrivere canzoni per conto suo, incontrerà un successo imprevisto con "I Don't Come Easy" già nel '71, l'album "Ringo" del '73 sarà un best seller. Poi il lento declino con una serie di lavori dimenticati che forse varrebbe la pena (in parte) recuperare.

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